Hiromi Uehara – Solo
Quando: 28 gennaio 2012
Dove: Auditorium Parco della Musica
Info:
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Parlare di un artista partendo da un curriculum potrebbe essere un’operazione sterile. Potrebbe addirittura danneggiarlo. Se tuttavia un biglietto da visita comprende l’ingresso a 7 anni alla Yamaha School of Music, a 14 anni la partecipazione alla Filarmonica Ceca, a 24 anni il Degree alla Berklee di Boston, è lecito nutrire un sentimento opposto a quello iniziale.
Hiromi Uehara, in tal senso, non può non sorprendere. A 17 anni suona in duo con Chick Corea, uno dei padri della fusion ed è l’allieva prediletta di Ahmad Jamal, colui che ha cambiato lo stile della moderna improvvisazione. Lo stile del maestro è evidente nelle performance della Uehara, che a differenza di altri musicisti orientali, non ripropone il solito sterile canovaccio di tecnicismi: ad una tecnica fuori dal comune -è impressionante l’indipendenza delle mani- riesce infatti a coniugare una forza espressiva potente ed istrionica.
Per la Uehara suonare per la prima volta in Italia è stata un’eccezione; suonare al piano solo, è stata l’eccezione nell’eccezione, segno di una nuova consapevole scelta artistica di una compositrice abituata a presentare le proprie opere in trio o in quartetto in giro per il mondo con i musicisti jazz più forti in circolazione.
Sul palco è un turbinio continuo simile ad un cartone animato: suona in piedi, sorride al pubblico mentre canta sottovoce quasi fosse Keith Jarrett, combina eclettismo classico e improvvisazione con una personalissima ironia. In questo senso ricorda Bollani, ma, anziché giocare con Beethoven, lei stuzzica Bach in stile rag-time ottenendo l’effetto clavicembalo appoggiando delle listarelle di metallo sulle corde. La pianista, in generale, evita di confrontarsi con la musica classica tradizionale, genere che, come si può intuire, non fa realmente parte del suo tipo di espressività.
Il primo brano in scaletta è segno di questa foga creativa non classificabile: ben 8 minuti di fuga ininterrotta che mischia bebop, rag-time, minimalismo e tutto un campionario di cromatismi, corse ritmiche e percussive, arpeggi e architetture complesse. Hiromi arriva al termine dell’esecuzione letteralmente con il fiato corto, tant’è che passa ad una brano più leggero: il suo personale tributo all’Italia Sicilian Blue, cogliendo con leggerezza, senza cadere in copiature, lo spirito di un’Italia dolce, graziosa e mediterranea. Il vortice pianistico ricomincia poi con Timeout, uno dei suoi brani fusion rivisitati in chiave solistica. Quando si parlava di ironia, l’esempio è Cape Cod Chips, ovvero rock’n’roll alla Jerry Lee Lewis, scritto dalla Uehara a soli 11 anni; si parla di cibo ma allo stesso tempo si evoca un’America turistica, oggetto di una curiosità infantile.
A volte si ha l’impressione che tutta quest’energia fresca e giovane si concluda in un nulla di fatto; poi arrivano tre piccole luci a chiarire che l’esibizione non tratta solo di elementi di virtuosismo jazz. La prima è Old castle by the river in the middle of the forest, che peraltro include una suggestiva introduzione simile allo scorrere dei ruscelli, effetto ottenuto toccando le corde del pianoforte e percuotendo le tavole armoniche. Non c’è più bisogno di correre, l’affanno lascia posto alla riflessione: Place to be rallenta il cuore di chi ascolta, lo prepara per il bis chiesto a gran voce dal pubblico. Con il Tom & Jerry Show, il finale è tutto da incorniciare.
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