«Perché sei venuto a disturbarci?». È la domanda che il grande Inquisitore fa a Gesù. Il testo di riferimento è La leggenda del Grande Inquisitore, capitolo centrale de I fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij, tra le pagine più alte della letteratura mondiale. In scena c’è Bruce Myers, uno dei più grandi attori viventi. E la regia è firmata da Peter Brook, nessuno ci troverà esagerati se lo definiamo un gigante della scena teatrale contemporanea.
Né c’è da vergognarsi a dire che già solo il pensiero di approcciarsi a questa esperienza teatrale intimorisce ed emoziona allo stesso tempo.
Eppure qualcosa non torna. L’esigenza di trovare in scena una nuova partitura non viene soddisfatta. Aspettiamo a lungo, rapiti da un’interpretazione altissima per la sua semplicità ed asciuttezza e da contenuti straordinari per la loro potenza, di vedere o sentire qualcosa che vada ancora oltre la grandiosità del pensiero di Dostoevskij. Ecco. Probabilmente il punto è proprio questo. Forse è l’aspettativa ad essere ingiusta? Se non, addirittura, errata?
Il pensiero filosofico dello scrittore russo punta al cuore dell’uomo moderno. Ci racconta il rapporto tra il bene e il male, cos’è il libero arbitrio. Ci parla dell’antica tentazione di volersi sostituire proprio a Dio, la stessa tentazione che Gesù affrontò, e respinse, nel deserto.
«Nulla è per l’uomo più seducente che la libertà della sua coscienza, ma nulla è anche più tormentoso». Gli uomini, che sono schiavi anche se creati ribelli, tenderanno sempre a sottomettersi, a raccogliersi in gregge. E cosa può, contro questo, il bacio di un Gesù silenzioso? Come reagirà il vecchio Inquisitore? «Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea».
Il testamento spirituale di Fedor Dostoevskij non è mai stato disatteso dalla storia. Né il nuovo millennio sembra andare in direzione contraria. D’altra parte, come potrebbe? Gli abissi della natura umana esplorati dallo scrittore ci mettono ancora a nudo. Siamo, necessariamente, in imbarazzo. Senza possibilità di reagire. Forse, l’unico modo per portare a teatro l’immensità di questa pagina scritta, quel sussulto spaventosamente umano sulle labbra dell’Inquisitore, era proprio l’austera essenzialità della regia di Peter Brook. Andare oltre era impossibile. …Oppure no?