«Qua vi è un giovane di patria di Cento, che dipinge con somma felicità d’invenzione. È gran disegnatore e felicissimo coloritore, è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere». A scrivere queste parole di elogio è Ludovico Carracci in una lettera del 1617 destinata a Ferrante Carlo. Tali parole acquistano un significato ancora maggiore se si pensa che il Carracci era maestro indiscusso del tempo e “mentore” del Guercino stesso. Ma indiscusso era anche il talento di Giovanni Francesco Barbieri – questo era il suo vero nome -, il quale divenne presto uno dei più capaci e prolifici pittori del Seicento italiano.
Il titolo dell’esposizione è estremamente esplicativo: Capolavori da Cento e da Roma: Guercino (1591–1666). Capolavori sono i quadri dell’autore, e Cento e Roma sono le due tappe fondamentali del suo percorso artistico. Cento è il luogo natale e il luogo della sua formazione, Roma la città dove ottiene commissioni di grande prestigio, come la decorazione del Casino Ludovisi e soprattutto l’enorme pala della Sepoltura di Santa Petronilla per un altare della Basilica di San Pietro.
In una location d’effetto come quella di Palazzo Barberini, la mostra consente di ammirare un corpus di trentasei opere che coprono l’arco cronologico dell’evoluzione artistica dell’autore, dai lavori giovanili a quelli più tardi. I primi sono caratterizzati dalla tecnica della gran macchia e da una forte ricerca luministica incentrata sul sapiente uso del chiaroscuro e di toni ricchi e ombreggiati; essi risentono indubbiamente dell’ammirazione per i modelli del Carracci e della pittura ferrarese, come dimostra il San Carlo Borromeo in adorazione con due angeli (1613–1614 ca). I secondi, posteriori al suo soggiorno romano – che ebbe indubbiamente un ruolo fondamentale in questo “cambio di rotta stilistica” – , rinunciano invece ai precedenti forti contrasti di colori per favorire un’illuminazione più uniforme dell’immagine e una composizione più rigorosa e vicina allo stile classico di Guido Reni, come dimostra, ad esempio, la serie di dipinti raffiguranti i quattro Evangelisti.
Il corpus dell’esposizione è inoltre variegato anche nella scelta dei soggetti dei dipinti.
Diverse sono le opere di soggetto religioso – che rappresentano una sorta di conditio sine qua non dell’arte moderna italiana – : del 1644 sono l’Estasi di San Filippo Neri, la Santa Margherita di Antiochia e l’Ecce homo, il cui tono estatico del volto rimanda ai modelli patetici del Reni, pur caratterizzandosi per una maggiore vitalità e un più evidente sentimentalismo. Ma tra i capolavori di tema religioso è necessario ricordare il Cristo risorto che appare alla Vergine, che fu visto addirittura dal Goethe a Cento, il quale non mancò di descriverlo nel suo Viaggio in Italia.
Di ispirazione mitologica è invece la Diana cacciatrice (1658), opera esplicativa della sensibilità artistica dell’autore nella sua fase tarda, connotata dalla reinterpretazione del classicismo di Reni: il dipinto presenta, infatti, un disegno ampio, una pennellata dal tocco delicato e l’uso di tinte pastello molto luminose.
Strettissimo era il legame tra arte moderna e personaggi influenti, e il Guercino non rappresenta un’eccezione in tal senso. Basti pensare al Saul contro Davide eseguito per il Cardinal legato di Bologna Lelio Falconieri, all’Allegoria della pittura e della scultura, che è un vero e proprio omaggio alla passione per il collezionismo dell’arcivescovo Girolamo Colonna, e al ritratto del cardinale Bernardino Spada.
CAPOLAVORI DA CENTO A ROMA: GUERCINO (1591 – 1666)
Galleria Nazionale d’Arte di Palazzo Barberini, Roma, 16 dicembre 2011 – 29 aprile 2012,
a cura di Rossella Vodret e Fausto Gozzi, direttore della Pinacoteca Civile di Cento,
foto Guercino, Saul tenta di uccidere David con la lancia, 1646. Olio su tela, cm 147×200. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.
altre info http://www.pensieridicartapesta.it/2012/04/01/la-settimana-di-cartapesta-dal-2-all8-aprile-2012/
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