In occasione della rassegna Genius Loci: Pasolini per esempio…, per ricordare il forte legame tra l’intellettuale bolognese e la città di Roma, il Circolo degli Artisti ospita la performance di uno tra i più interessanti gruppi emergenti di musica popolare romana, Il Muro del Canto, la cui partecipazione alla manifestazione era quasi da darsi per scontata. La malinconia e il sapore dolce amaro delle storie cantate e narrate dal Muro trova un forte riferimento nel neorealismo dell’immediato dopoguerra e nella poetica pasoliniana. D’altronde non si può non notare quanto i temi trattati dal collettivo romano siano attuali. Le difficoltà del popolo sono sempre all’ordine del giorno: che si tratti della guerra del secolo scorso o della crisi economica di oggi, le fasce più deboli risultano essere anche quelle più colpite dalle ingiustizie sociali.
Il Muro del Canto entra in sala quando ancora la maggior parte dei presenti è seduta nel giardino del Circolo, intenta a godersi una piacevole serata di settembre. I ragazzi imbracciano gli strumenti e danno il via alla loro performance con L’ammazzasette, brano che dà anche il titolo al loro primo album (Goodfellas, 2012). La sala si riempie piuttosto rapidamente, quanto basta a far sì che l’ultimo ritornello del brano venga cantato da oltre 150 persone. Il secondo pezzo presentato, La spina, non ha bisogno di presentazioni: essendo uno dei primissimi pezzi scritti dal Muro, gode di sincero affetto da parte del pubblico. La fisarmonica di Alessandro Marinelli mette in luce l’angoscioso tormento di un amore non corrisposto descritto in Luce mia, la profonda voce di Daniele Coccia infiamma e trascina i presenti in un grande abbraccio collettivo.
La partecipazione attiva del pubblico è ovviamente l’ingrediente principale di ogni concerto di musica popolare, e questo vale tanto più per il Muro del Canto. I brevi monologhi di Alessandro Pieravanti, voce narrante e percussionista del gruppo, vengono ascoltati in un silenzio di ammirazione quasi irreale. Man mano che le canzoni scorrono e le storie in esse contenute vengono narrate, si manifesta in maniera evidente che il Muro può contare su un solido gruppo di sostenitori e simpatizzanti che non si tirano indietro se c’è bisogno di riscaldare l’atmosfera, soprattutto se tra i brani proposti ci sono la rabbiosa Chi mistica mastica dal ritmo incalzante e la tradizionale Bevi compagno, bevi. Altra esecuzione degna di nota è quella di Quanto sete brutti, sostenuta da una linea di basso poderosa e terminata dallo scream lacerante di Coccia.
Non sbaglia a mio parere chi li definisce “i cantastorie del nuovo millennio”. La loro musica trasporta l’atmosfera della canzone popolare al giorno d’oggi, riuscendo allo stesso tempo a mantenere l’originalità della proposta.
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