La redazione di Pellicole di cartapesta, in collaborazione con la rivista indipendente di critica e informazione cinematografica Cinema Bendato, propone la recensione del film Il passato di Ashgar Farhadi. La recensione è di Lorenzo Bottini.
Le passé, di A. Farhadi, Fra/Ita 2013, 130′
in uscita nelle sale cinematografiche il 21/11/2013
Sceneggiatura: A. Farhadi
Colonna Sonora: E. Galperine, Y. Galperine
Fotografia: M. Kalari
Montaggio: J. Welfling
Distribuzione: Bim Distribuzione
Cast: T. Rahim (Samir), S. Ouazani (Naima), B. Karimi (Shahryar), V. Cavalli (Valeria), B. Bejo (Marie)
Il Passato, il ritorno di Asghar Farhadi era particolarmente atteso vista la pioggia di riconoscimenti caduti sulle ultime due pellicole del regista iraniano. Se infatti sia About Elly che Una Separazione avevano illuminato il talento di un grande creatore di cinema, Il Passato conferma ed esalta il valore assoluto di un grandissimo regista.
Attraverso una scrittura che riesce a combinare la linea netta dei personaggi a quella tortuosa della narrazione unita ad una sensibilità fuori dal comune nell’inquadrare gli attori, Farhadi riporta il cinema iraniano sulla mappa. E lo fa in maniera stupefacente, costruendo un cinema non legato ai classici luoghi comuni delle pellicole mediorientali ma ragionando sempre in termini assoluti, internazionali rendendo così affatto sorprendente la scelta di ambientare in Francia una storia che non devia molto dai precedenti lavori ma semmai li arricchisce. Innestandosi come un possibile spin-off di Una Separazione racconta le difficoltà di affrontare il fallimento dell’unione coniugale e le ripercussioni che comporta su ogni individuo che vi è legato.
L’immagine di Farhadi è uno smeriglio su cui riverberano le frustrazioni, le debolezze che definiscono le relazioni lasciando trasparire un’umanità disgregata ma ancorata alle sue pulsioni vitali. I tradimenti, le bugie, i non detti diventano le note di una partitura vischiosa, che intossica chi ne arriva a contatto. Così quando Ahmad ritorna a Parigi per firmare i documenti di divorzio si trova irrimediabilmente coinvolto nelle vicende della famiglia che ha abbandonato scappando a Teheran quattro anni prima. E’ un ritorno che dovrebbe sancire un taglio deciso con ciò che è stato ma diventa il momento in cui il passato riemerge in tutta la sua ferocia e ostacola ogni tentativo di rimozione.
Farhadi si interroga sulla condensazione del passato nel presente, di quanto le scelte che abbiamo preso condizionino le scelte che prenderemo. La sceneggiatura quindi si sviluppa vorticosamente attorno ai riflessi di eventi già trascorsi più che a determinate azioni, lasciando ai personaggi solo la possibilità di interpretare le situazioni. Il risultato è un dramma di hitchcockiana architettura, abilissimo nel rendersi sfuggente ed ipnotico quanto reale e doloroso. Nel dimostrare quanto l’accettazione del passato è la prima regola per poter accedere al presente, il regista iraniano compie un viaggio metaforico nella necessità del cambiamento e nella fragilità della istituzione familiare. E’ un terreno complesso che viene però dissodato attraverso scelte di scrittura, mai meccaniche ma che scaturiscono sempre dall’interiorità dei personaggi, in grado di fomentare domande a cui si evita poi di dare risposte scontate o accomodanti.
Si potrebbe definire Ashgar Farhadi un grande regista classico in quanto apparentemente ne segue i precetti, in realtà è uno straordinario innovatore nel modo in cui invade gli spazi prestabiliti con un vigore sovversivo da vero rivoluzionario. In Il Passato la famiglia diventa comunità e il quartiere nazione attraverso un passaggio continuo dal particolare all’esemplare di lucidità ineguagliabile. Perciò, anche se forse meno preciso e politico rispetto a Una Separazione, rimane ugualmente un umano e intenso tassello dell’imprescindibile filmografia di un regista che rimarrà negli anni.