Ho servito il re d’Inghilterra di Bohumil Hrabal, autore ceco tra i più noti in Italia grazie alle edizioni e/o, è il delizioso libro da cui è tratto Il mio nome è Bohumil. La storia è quella di un cameriere basso di statura (nei momenti di maggior felicità, come quando conosce una bella signorina in un bordello, arriva sentirsi alto fin quasi un metro e sessanta) che inizia la sua avventura lavorativa nel più prestigioso albergo di Praga, dove in passato ha alloggiato il re d’Inghilterra e a breve sarà ospitato l’imperatore d’Etiopia e dove vige il motto il cameriere non deve vedere nulla e sentire nulla; ma il cameriere deve vedere tutto e sentire tutto.
Sullo sfondo delle avventure alberghiere e amorose del minuto e placido Bohumil, si attraversano i turbolenti anni ’30 e ’40. L’occupazione della Cecoslovacchia da parte dei nazisti prima e la Seconda Guerra Mondiale poi sono visti attraverso l’ingenuo sguardo del puro Bohumil, alieno al mondo delle vicende storiche e politiche, che pure prorompono nella sua vita (sarà scacciato dall’albergo perché, unico cameriere tra tutti, serviva gli occupanti tedeschi; sopporterà umilianti visite mediche, pur di ottenere l’autorizzazione a procreare con sua moglie, una tedesca di pura razza ariana). Bohumil è un uomo mite e certe cose, quelle che sembrano le più grandi, paiono non toccarlo; altre, più piccole, come quando viene solo sospettato di aver rubato un cucchiaino d’oro, possono spingerlo a tentare il suicidio.
Nell’atmosfera sognante di un’epoca e di valori che oggi non si respirano più, si muove, con euforizzante energia, un unico attore, Jacob Olesen, svedese d’origine ma da oltre vent’anni romano d’adozione, formatosi alla Clownskolan di Stoccolma e poi all’ècole Jacques Lecocq di Parigi. Sfruttando la propria arte mimetica e la padronanza dell’italiano e del tedesco, l’attore è riuscito a ricreare, insieme alla regista Giovanna Mori, il microcosmo dell’albergo Paris senza bisogno alcuno di scenografie o oggetti di scena. Un cambio luce, l’assunzione di una postura, un gesto rivelatore, e lo spettatore non ha il minimo dubbio su chi stia impersonando in quel momento; né fa caso allo spazio, vuoto, di un palco di dimensioni non indifferenti, che tale appare solo quando, terminati i lunghi applausi, si svuota dell’unica cosa che l’aveva fino a quel momento riempito: il piccolo, grande Bohumil.
IL MIO NOME è BOHUMIL
di Jacob Olesen, Giovanna Mori, Francesco Di Branco
regia Giovanna Mori
con Jacob Olesen
dal 24 al 29 gennaio 2012, ore 21.00
Teatro dell’Orologio – sala Grande – Roma