IL POTERE E LA FORZA DELLA VOCE

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Leggiadria e forza sono tratti che si compensano e dialogano nella musica. Un dialogo che prende vita nella minuta e timidissima presenza di Youn Sun Nah, cantante coreana che ha trovato nuove radici in Francia. Consapevole di essere un fenomeno molto particolare e apparentemente decisa a non farsi troppo influenzare dal positivo coro unanime dei critici, la Nah fa una scelta alquanto radicale dal vivo. Propone un duo, accompagnata dal chitarrista svedese Ulf Wakenius e scegliendo come strumenti di supporto una kalimba, un kazoo, e una music box. Il risultato acustico, nella sua essenzialità, è un senso di purezza, di precisione stilistica ispirate dal jazz più moderno. Ma questo non è il solo traguardo raggiunto.

I pezzi e le cover scelte per l’occasione rappresentano un’ulteriore sorpresa, anzi sono l’aspetto più audace che contrasta con la timidezza della cantante nel rivolgersi al pubblico. Vale la pena citare l’inserimento in scaletta di brani dei Metallica, di tradizionali canti coreani, francesi e brasiliani, dei Police e di Randy Newman.

La voce della Sun Nah è a tratti flebile, lentamente esprime i suoi pensieri nel parlato, ma quando alza il tiro diventa coinvolgente e vera oltre ogni ragionevole dubbio. Non importa se si tratta di cantare rock o jazz. Dolcemente o in maniera acrobatica si adatta al genere, lo oltrepassa, lo sconvolge, rischia il più possibile mischiando stili e tecniche diverse, anche toccando la lirica. Altro punto a favore è la capacità di cantare in più lingue oltre a quella madre. Molto spesso gli artisti di passaggio qui all’Auditorium omaggiano come ritengono opportuno la musica italiana, e la coreana lo fa a modo suo interpretando Estate di Bruno Martino. Il risultato, oltre alla buona pronuncia, è una versione riflessiva e struggente al tempo stesso, quasi stesse trattenendo a stento le lacrime per la felicità.

Oltre alla contrastante scelta artistica, la tecnica viene quasi portata al suo limite. Infatti è ingannevole l’esibizione di questo duo. Da una parte si sceglie un’atmosfera intima ma dall’altra si gioca con le esagerazioni e con l’ironia. Wakenius si diverte a percuotere platealmente le corde della chitarra, sia con le mani, sia con una bottiglia di plastica, utilizzata poi come slide. La Nah risponde con lunghi soli di voce nei quali si passa da registri altissimi o bassissimi, gorgheggi, esplosioni di fiato, suoni gutturali e gravi. Continua esplorando tutte le potenzialità della voce, permettendosi di cantare anche inspirando. Le sfumature che riesce a toccare hanno quasi del miracoloso, e il timbro ha un fascino molto particolare.

L’unico nome che viene in mente alla conclusione del concerto è Bobby McFerrin. Magari non raggiunge uno status equivalente (è difficile farlo). A tratti però si percepisce nel pubblico una palese dose di euforia, testimoniata dalle molte risate durante i vorticosi giochi di voce della coreana. Un’euforia che rimane anche dopo aver abbandonato l’Auditorium. Incontrollata e felice.

14 novembre 2011 – Auditorium parco della musica

Youn Sun Nah – voce
Ulf Wakenius  – chitarra

MySpace: Youn Sun Nah

Ascolta: Frevo

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