IL REGNO PROFONDO

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Dentro una stanza che potrebbe esser situata su una nuvola, tanto è lieve la voce di chi l’abita, il cupo tepore di una lampada illumina uno scrittoio, sopra il quale è ordinatamente posta una preghiera. La figura dall’abbigliamento scuro e stridente che si intravede entrare nella scena è una donna adulta, che senza indugio siede dinnanzi alla supplica.

Comincia la lettura. Una litania, che come vuole la tradizione alterna parola e canto, voce e melodia, è elemento primo dell’intera rappresentazione. Si sente, chiaro e scandito, il lamento di una donna che implora al suo domine di essere perdonata, e chiede, con reverenza, di non permettere che avvenga la sua rinascita in un’altra vita. Quello che Claudia Castellucci, una delle menti eccelse della Socìetas Raffaello Sanzio, propone e conduce è un soliloquio dialogico di rara genialità. Un viaggio nel regno intimo della mente. “Non farmi rinascere un’altra volta” chiede la donna al suo signore, attanagliata al sol pensiero di doversi ridestare in un mondo la cui giustizia è randomicamente imprevedibile.

“Non farmi rinascere”, è un’ossessione, un’ossessione che siede sopra la consapevolezza di essere profondamente fortunati ad avere il problema di doversi scegliere un pigiama col quale andare a letto. Regno Profondo è nido di una poetica riflessione da parte dell’interprete/autrice, intorno alla condizione umana. Se si ascolta il dolore di coloro che nascono o sono nati nel lato sbagliato (spaziale o temporale che sia) del nostro pianeta, non si può che domandare alla propria proiezione antropomorfa del divino di concedersi una svista, e al momento della morte, non garantire risveglio.

Accanto alla richiesta c’è poi la gratitudine. Ringraziare il Dio melodico che ci osserva è un dovere morale nella preghiera della donna, poiché in questa vita privilegiata, anche ciò che è male seppur rimanendo un male, è un male da signori. Il relativo che tanto domina la nostra società viene così per un attimo fatto tacere, per gettare uno sguardo sulla visione assoluta. Due potenti divinità prendono forma. La fame e il freddo. Non si può essere scioccamente atei dinnanzi ad esseri così ieraticamente spaventosi. Tali entità sovrumane incombono sugli occhi della terra, e il loro peso è tanto percepibile da far dire alla donna che nel mondo “C’è un bisogno universale di frittura”. Di ironica profondità, questa frase altri non è che un esempio dell’uso estremamente accurato e sapiente del registro comico, che, intervenendo al momento giusto, quasi sussurrato, contribuisce a tenere sempre viva l’attenzione dell’auditorio (di sicuro da segnalare come davvero ingegnosa è la scelta di render tale registro, chiave d’esposizione di un‘interessante analisi critica di una preghiera ormai istituzionale quale il Padre Nostro cristiano). Ma il regno di fandonia è un regno estremamente controverso; ad accompagnare la devota nel percorso di preghiera vi è infatti un Dio d’evocazione schizofrenica; un Dio che risponde senza manifestarsi, sentenzia senza esistere, se non nella mente di chi lo cerca, e lo teme.

Altra colonna portante del testo, è la riflessione sulla “Vita”, quella che non si conclude con la morte del singolo, quella che permane, la vita delle vite, riflessione che si interseca poi col rapporto tra corpo e mente, tra corpo e anima. La proprietà del proprio corpo può essere messa in discussione e lasciare spazio a un senso di ospitalità. Essere ospiti del proprio corpo, porta però, prima o poi, a volerlo lasciare, per poter finalmente tornare a casa. L’interpretazione della Castellucci è emozionante, limpida e sentita, e la scelta musicale molto accurata. Uscito inaspettatamente da “Alieno”, rassegna interna della Socìetas Raffaello Sanzio presentata al teatro Comandini di Cesena all’inizio della scorsa estate, e ospitato dal teatro India di Roma all’interno del festival teatrale “Le vie del festival”, ci auguriamo che Il Regno Profondo sia presto riproposto anche in molti altri teatri Italiani, che, oggi ancor più che in altri momenti, hanno bisogno di lavori di tale qualità e spontanea ricercatezza.

 

Il Regno profondo (lettura drammatica)

Sermone scritto e recitato da Claudia Castellucci
tecnico: Eugenio Resta
organizzazione: Gilda Biasini, Cosetta Nicolini
produzione: Socìetas Raffaello Sanzio
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