PENELOPE IN GROZNYJ
Scritto e diretto da Marco Calvani
Con Alberto Alemanno, Elisa Alessandro, Luca Celso, Karen Di Porto, Filippo Gattuso, Giovanni Izzo, Letizia Letza, Nicola Mancini, Lucilla Miarelli, Marta Pilato, Gianluca Soli, Emilia Verginelli, Francesca De Sapio, Nicolà Hendrik, Gabriele Salvi
luci Emiliano Pona
costumi Beatrice Zamponi
musiche originali Diego Buongiorno
scene Luan Scaringella
aiuto regia Michael Schermi
assistente alla regia Marco Marra
direttore tecnico Maximiliano Lumachi
tecnico Luca Carnevale
Lo spettacolo ha debuttato in anteprima mondiale al Kunsthaus Tacheles di Berlino il 5 dicembre 2009 ed è stato presentato nel giugno 2010 al Napoli Teatro Festival, sezione Fringe.
Dal 3 al 13 maggio 2012 – Teatro Vascello, Roma
La suite di Bach, intervallata ritmicamente dal fragore delle bombe, e l’inquietante presenza di minacciosi soldati in platea, dove il pubblico è ostaggio delle sue stesse paure, spalancano le porte di una crivellata scuola degli orrori, divenuta punto di filtraggio temporaneo, ossia camera di tortura. La cruda, perversa violenza che trova casa in questa discarica di corpi umani è resa sopportabile solo dal pensiero che, prima o poi, tutto finirà, perché é teatro, quindi finzione. Un attimo dopo, la consapevolezza che si tratti della storia – di quella storia che non ci ha insegnato nulla – fa gelare il sangue. Solo a questo punto, ascoltare le urla strazianti di un giovane martoriato scatena un’incontrollabile voglia di scappare con le orecchie tappate.
Come nel mito omerico della guerra di Troia, anche in Cecenia la guerra la fa da padrona, con qualche evidente peggioramento morale, inversamente proporzionale al tanto millantato progresso della civiltà. La trasposizione della leggenda di Ulisse ai nostri giorni non può che far sfigurare i moderni regimi politici. I Proci, forse, non avrebbero mai concepito torture così efferate e gratuite, umiliazioni interiormente devastanti, un tale cumulo di bassezze perpetrate contro innocenti civili. Anche la guerra, allora, aveva le sue regole. Prima, ai cadaveri, si riusciva a dare degna sepoltura. Ora, mutilati e carbonizzati, soffocano la città con il tanfo della putrefazione, ammucchiati disordinatamente per le strade.
Gli agenti della sicurezza federale russa riescono anche a mangiare di gusto con il corpo di Penelope svenuta e livida di botte sul tavolo. Moglie di un ex Ministro, Ulisse, viene detenuta proprio per la supposta attività sovversiva del marito. Il Maggiore Antinoo è drogato di odio e di sadismo. La logica non appartiene al suo essere. Non parliamo della pietà. Per il solo fatto di essere Ceceni sono colpevoli di tutto. Non possiamo far altro che ucciderli, schiacciarli, umiliarli. E sia. Il rito è iniziato già da un pezzo. Denudati dei loro vestiti, delle proprietà e, soprattutto, della loro dignità, i prigionieri diventano corpi vuoti, involucri inanimati, strumenti di godimento di un potere depravato. Sfrontati, noncuranti, i soldati non temono le opposizioni. I miliziani, tra cui anche Telemaco, faranno tutti la stessa fine, una brutta fine.
Inevitabile la riflessione sul Male. Ognuno vi arriva per vie traverse; allo stesso Antinoo vengono concessi due minuti di nostalgici ricordi d’infanzia. Penelope incita le altre prigioniere a non diventare come loro, a spezzare la catena di odio, a smettere di alimentare il circuito di vendetta che si tramanda di padre in figlio, di madre in figlia. É per questo che la donna, di fronte a due occhi brucianti di rancore, non riconosce più il figlio Telemaco.
Ognuno reagisce al male in modo differente. Penelope cerca di rimanere in piedi, mentre Elena si svende senza dignità, alienandosi con farneticazioni di viaggi, vestiti, trucchi e creme antirughe, a metà strada tra l’oca svampita e la bomba sexy. Nessuno, comunque, uscirà indenne da questo tritacarne. Groznyj, un tempo la più bella città del Caucaso del Nord, ricoperta di prati e non di ceneri, patria dei dolci canti intonati da Penelope – unica dolcezza concessa allo spettatore in questa generale alluvione di sangue – ora è una terra senza più divinità.
Coraggioso l’autore e regista Marco Calvani ed eccellenti i sedici attori, provenienti da diverse nazioni europee.
Come supporto allo spettacolo, è altamente consigliabile la partecipazione alla conferenza Cecenia. Una tragedia infinita, che si terrà presso il Foyer del Teatro Vascello il 9 maggio, alle ore 18.
Nessun commento
Pingback: GROZNYJ, UN FANTASMA AGLI OCCHI DEL MONDO | Pensieri di cartapesta