con la collaborazione di Marco de Martino
Michele Rabbia, Virgilio Sieni “In an open field” Virgilio Sieni danza
Michele Rabbia percussioni e elettronica
Garth Knox viola
Daniele Roccato contrabbasso 31 maggio 2014 Auditorium Parco della Musica, Roma
Il linguaggio della danza di Virgilio Sieni incontra quello di Michele Rabbia (percussioni ed elettronica) – artista residente presso l’Auditorium Parco della musica –, di Daniele Roccato (contrabbasso) e Garth Knox (viola).
Sieni interagisce a turno con i tre musicisti secondo i canoni dell’improvvisazione concepita in stretta relazione con la logica corporea e gestuale del coreografo. Attraverso sfioramenti leggeri, sbilanciamenti, connessioni, si materializzano pian piano forme geometrico-sonore. In una vera e propria mimesi, prima indotta poi sempre più necessaria e consequenziale, tra suono e gesto, questo pas de quatre crea una mappatura, una geografia che restituisce la drammaturgia dell’ascolto.
I musicisti, in particolare Rabbia, interagiscono – sempre sul bordo di un imprevedibile non-senso – con Sieni, fin quasi a rubargli la scena, divenendo parte integrante della performance. Ognuno di loro dona la sua musica, le proprie forme sonore, al coreografo che le restituisce in forma visiva, corporea tanto che il semplice camminare assieme diviene una danza d’intenti.
Gli strumenti-corpi risonanti, sempre in movimento e serrato dialogo, si trasformano attraverso la sequenza di gesti musical-performativi: non più mezzi dedicati all’interpretazione musicale, ma prolungamenti inorganici del corpo-strumento di Sieni.
Gli archi sono percossi come piccoli tamburi, i bordi della gran cassa “levigati” dall’archetto di uno strumento a corde, mentre l’elettronica dirama piccoli fenomeni sonori, eterei, rarefatti. Come i corpi umani si svelano nelle diverse sfaccettature del movimento, anche lo strumento viene chiamato ad una trasformazione continua, a scoprire, tramite le diverse tecniche contemporanee, ogni suo suono, ogni suo modo d’essere.
Attraverso questo meccanismo di creazione condivisa, i quattro artisti formalizzano un linguaggio composto da sillabe di suoni-vocali e gesti-consonanti. Lo spettacolo riesce nella sua essenzialità compositiva perché la potenza dell’idea di fondo, oltre alle indubbie capacità dei performer, non ha bisogno di molto altro.