Incontro con Daniele Vicari: La nave dolce

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Martedì 6 Novembre 2012 Daniele Vicari e la produttrice Francesca Cima hanno presentato il film La nave Dolce alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ università La Sapienza di Roma.

La nave dolce, di D. Vicari, 90′, Ita 2012

Link al trailer al cinema dall’8 novembre 2012

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Soggetto: Daniele Vicari e Antonella Gaeta

Sceneggiatura: Benni Atria e Antonella Gaeta

Montaggio: Benni Atria

Musiche: Teho Teardo

Produttori: Francesca Cima, Nicola Giuliano, Carlotta Calori, Ilir Butka, Silvia Maselli

Casa di produzione: Indigo, Apulia film commission, Rai cinema, Ska-Ndal film

Distribuzione: Rai Trade, Microcinema

Interpreti: Halim Malaqi (comandante della nave), Kledi Kadiu (a bordo della nave), Eva Karafili (a bordo della nave), Robert Budina (a bordo della nave), Luca Turi (fotoreporter), Vito Leccese (assessore sanità di Bari)

Dopo Diaz, Daniele Vicari arriva nelle sale italiane con la Nave dolce che racconta gli avvenimenti  dell’ 8 agosto 1991.

«La nave è dolce perché in primis trasportava zucchero, poi perché gli uomini che vi sono a bordo hanno grandi sogni». Queste le parole del regista riguardo al titolo del film.
La vecchia generazione di certo non ha dimenticato il grande sbarco di ventimila albanesi nel porto di Bari. Una giornata senza precedenti.
Cristalizzati nei ricordi ci sono gli uomini aggrappati ai cordoni della nave Vlora e un mare umano che diventa l’imbarcazione stessa. Imponente.
Eppure c’è un seguito a queste immagini , forse un’altra storia. La pellicola si propone di raccontare le scene di repertorio dell’epoca, riesumate da archivi  spesso dimenticati.
Vicari cita Cesare Zavattini che diceva: «gli archivi sono pieni di pellicole impazienti di esistere». Infatti La nave dolce va oltre l’aproccio documentaristico proponendosi come un vero e proprio film.
Francesca Cima si compiace del fatto che molti abbiano criticato il fatto che alle immagini di archivio fossero state aggiunte immagini  girate nuovamente e appositamente per la pellicola, che così sembra assumere le caratteristiche estetiche di un’opera di finzione.

Una storia collettiva che disfa quel marasma di genti, quella confusione di umanità che diventa racconti, persone, sogni, facce. Un evento che segna una svolta culturale e sociale di grandi dimensioni perché fa conoscere all’Italia il fenomeno dell’immigrazione massiccia ed apre, nel  frattempo, le porte all’integrazione, alla multiculturalità.

Eppure Vicari denuncia tutt’altro spirito: «Lo straniero non è visto come quel qualcuno che arricchisce un paese, bensì come un invasore».

Testimonianza viva è la politica di forza che ne consegue: l’accoglienza non è quel luogo di scambio in cui lo spirito comune guarda l’altro attraverso la possibilità dell’interazione sociale; l’accoglienza è bensì una semplice attuazione della sicurezza, che si realizza in un assetto di guerra. Ciò fu tanto più evidente nella spaccatura politica del tempo che, indecisa sul da farsi, rinchiuse come carcerati nello stadio di Bari i nuovi arrivati.

Oggi, come ieri, è viva questa frattura.
La nave Vlora non ha portato una cultura nuova, bensì un arretramento della politica in generale, schiva ad  interpretare e interloquire con la società, non solo quella straniera.
Un occhio che non vuole semplificare, ma mostrare i nodi e la complessità della realtà e che si lega profondamente anche con Diaz, sciogliendo con le immagini il paradosso di un cittadino che non partecipa alla vita sociale come vero cittadino e di una politica ormai autoreferenziale e disinteressata ad intergire con il popolo.
Ecco perché La nave dolce è soprattutto una presa di coscienza di quell’Italia dove l’italiano non sa se sentirsi più cittadino o più straniero.

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Redazione

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