Intervista a Evelin Facchini (Compagnia Metalouda)

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La danzatrice e coreografa Evelin Facchini si diploma alla scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, si perfeziona e lavora in Canada. La compagnia Metalouda, da lei creata, debutta nel 2009 con lo spettacolo Il peso dell’acqua.

Il suo ultimo lavoro Wry/ è andato in scena al Teatro Greco di Roma, durante la XV edizione della rassegna Che danza vuoi?.

 

Vedi anche: recensione e reportage fotografico dello spettacolo Wry/

Ludovica Marinucci: Qual è la tua formazione e come nasce e da chi è composta la compagnia Metalouda?

Evelin Facchini: Ho frequentato la scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, diplomandomi sotto la direzione artistica di Elisabetta Terabust. Dopo il diploma mi sono trasferita in Canada, dove mi sono perfezionata presso il Pacific Dance Center e ho lavorato là per alcuni anni, danzando come solista in alcune compagnie di danza classica e contemporanea.

Al mio ritorno in Italia, parallelamente alla professione di danzatrice, è iniziato il mio percorso di ricerca coreografica che mi ha portato a creare nel 2005 la compagnia ”Metalouda”, con la quale dopo brevi creazioni presentate nell’ambito di alcuni Festival, nel 2009 lo spettacolo “Il peso dell’acqua” debutta al Teatro dell’Orologio di Roma.

Al momento la compagnia è composta da 4 danzatrici: Erika Checchi, Selena Cugini, Antonella Guglielmi e Alessia Sabbatini. Inoltre, collaboro con Mauro Sorci per le scenografie e la scrittura dei progetti e con mio fratello Ivan per le musiche.

 

LM: Quali sono le motivazioni delle particolari scelte coreografiche dello spettacolo Wry/? Com’è nata l’idea e come si è evoluto il lavoro?

EF: Wry/ nasce da una riflessione intorno al tema dell’inganno. L’idea di partenza era quella di usare il corpo per dare forma ai percorsi geometrici delle dinamiche relazionali tra due persone, ho immaginato l’inganno come qualcosa che deviasse dalla linea retta… qualcosa di obliquo…

Nella seconda fase di creazione, mi sono poi addentrata nello spazio umano, nell’animo. Ho voluto che la coreografia si svolgesse in un ambiente circoscritto, ben delineato geometricamente, ma che al tempo stesso, potesse ricordare quei luoghi senza punti di riferimento, senza una collocazione temporale precisa, come quelli in cui ci troviamo ad agire nei sogni. Le quattro interpreti non escono mai di scena, i loro movimenti sono la proiezione di quello che accade “dentro” di noi nel momento in cui inizia il processo di presa di coscienza e di trasformazione, fino ad arrivare, attraverso un distacco, una “rottura” alla separazione da tutto quello che ormai non era altro che un inganno, verso gli altri ma anche riferito a noi stessi. Gesti naturali, quotidiani quindi, ma accompagnati da un senso di smarrimento che ha dato a quegli stessi gesti un’imprevedibilità, una chiave d’interpretazione inaspettata.

 

LM: Quali sono i tuo progetti per il futuro? Altri spettacoli in cantiere?

EF: Il progetto più grande ora, è quello di continuare a cercare un mio personale linguaggio coreografico. Andare a fondo, definire, dare forma a quello che ancora è acerbo e indecifrabile.

Altri spettacoli segneranno sicuramente le tappe di questa ricerca…

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Autore

Ludovica Marinucci

Project Manager di Nucleo, mi occupo delle partnership e della promozione del nostro progetto editoriale. Scrivetemi a progetto@nucleoartzine.com

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