Leo Canali, artista under 25 originario di Forlì, ha partecipato al Festival All In con due opere di video arte: Il battesimo di Cristo e Lazzaro, presentate il 30 e il 31 maggio presso il Teatro India. Affascinati dal suo lavoro, abbiamo deciso di intervistarlo, cercando di scoprire le sue fonti di inspirazioni e quali sono i suoi maestri.
Carmen Capacchione: Leo Canali, se dovessi descrivere chi sei, il tuo percorso e la tua opera, che parole useresti?
Leo Canali: Sono un corpo impetuoso e innamorato, preda di rapimenti (purtroppo, per fortuna). Al liceo artistico sono stato anche pittore per qualche tempo, per poi studiare filosofia a Roma. Lavoro convincendomi di essere un artigiano: mi preferisco apprendista di bottega piuttosto che “artista”. Come se, anche per quella cosa impalpabile che sono le immagini digitali, ci fosse da macinar pigmenti e far alchimie da stregone. Vorrei che i frame puzzassero ancora come il colore a olio, o la colla di pesce. A volte mi pare di sentirlo, ma forse stravedo. M’illudo di avere un olfatto da cane, ma non è così, credo.
C. C.: Al Festival All In, hai presentato due lavori che trattano eventi del nuovo testamento; perché questa scelta? Il testo e la figura di Gesù sono stati solo un punto di partenza o ti hanno affiancato durante la produzione?
L. C.: Ho scelto di lavorare sulle suggestioni accese in me dal testo biblico perché penso che sia vitale impedire che un regime, un rituale, una ricorrenza soffochi il potente contenuto simbolico di quelle pagine. È una tradizione che tutti ci riguarda, anche, e soprattutto, laddove siamo più distratti – e distratti sono gli invasati come gli esperti. Ci scorre sottopelle assieme al sangue e lo scalda e lo raffredda a piacere. Ho sentito il bisogno di fare mia questa tradizione per evitare inciampi nelle sue catene. Non ho velleità da studioso o fiducia da credente, solo la passione intensa di un amante occasionale, che però vuole ricordare ciò che ha amato in quelle notti lontane e confuse in un calore simile alla febbre. «Lazzaro, vieni fuori!»: se si riflette, non è così semplice. Perché Lazzaro dovrebbe voler tornare? Il mondo di qua è tanto più interessante? E se torna da nuovo mortale, non suona un po’ come una fregatura? Domande e altre domande, e vorrei poter tornare a una vergine ingenuità: guardare un cespuglio infuocarsi e farmi investire. Accettare l’evento nel suo esserci senza illusioni di dominio, che forse sono anche illusioni di divinità.
C. C.: Nel guardare Il battesimo di Cristo ho pensato a Caravaggio, mentre Lazzaro ha rimandato la mia mente a Bill Viola. Ti inspiri ad artisti del presente o del passato? Hai dei modelli ai quali ti rifai durante il tuo lavoro?
L. C.: Quando mi dedico a lavori di questo tipo – videoarti, videoinstallazioni – gioco ad “assemblare” moduli ben precisi. Gran parte delle immagini che mi stimolano sono parte di una tradizione pittorica ormai catalogata polverosa, “da museo”. Mi sento molto più vicino a quelle tele increspate che alla maggior parte dei rappresentanti delle arti visive contemporanee. Ho dei maestri: alcuni sono ancora vicini e a volte mi parlano, mi sussurrano – «amami, amami, amami»; altri sono distanti e la loro voce ha bisogno di custodi perché possa ascoltarla, e sono ombre assieme ai volti dei morti e dei caduti.