La prima parte dell’intervista a Marcello Zanatta, professore ordinario di storia della filosofia antica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria. Oltre alla curatela di quasi tutte le opere di Aristotele, ricordiamo fra i suoi scritti: Introduzione alla filosofia di Aristotele (Milano 2010); Sapienza e filosofia prima in Aristotele (Milano 2010); Profilo storico della filosofia antica (Catanzaro 1997); La ragione verisimile. Saggio sulla «Poetica» di Aristotele (Cosenza 2001);
2) Che opinione ha della possibilità di far emergere e diffondere la filosofia tramite la rete? E, se positiva, quali sarebbero a suo avviso le modalità ottimali per procedere in una simile operazione culturale?
M. ZANATTA: Internet è un formidabile strumento di trasmissione e di comunicazione, e dunque anche di trasmissione e di comunicazione di contenuti filosofici. Di fatto, esistono ormai diverse riviste di filosofia on line, e hanno molto successo. Parimenti debbo ricordare che alcuni canali radiofonici, dando a rete “rete” in senso ampio, organizzano trasmissioni specificamente dedicate a interventi di filosofi. Non vi è dubbio, dunque, che la “rete” ha ampie possibilità di trasmette e comunicare filosofia. Forse sarebbe opportuno ampliare i relativi programmi, anche a pagamento.
Mi spiego meglio: come esiste la possibilità, tramite skype, per esempio, di accedere a trasmissioni di contenuto sportivo, o cinematografico, o musicale, così si potrebbero avere programmi, a pagamento, di contenuto filosofico, e non credo che l’impresa dal punto di vista commerciale comporterebbe un rischio elevato per l’emittente, dato l’interesse vieppiù crescente per la filosofia, certamente superiore a quanto di creda. Inoltre, sarebbe opportuno che gli organizzatori di grandi eventi nazionali e internazionali di filosofia, primi tra tutti i congressi, ne consentissero la partecipazione anche on line, ovviamente dietro pagamento. Penso, per esempio, alla SFI (Società Filosofica Italiana), che ogni due anni organizza un congresso nazionale; e poi alle sezioni della Sfi, territorialmente dislocate. Se nella quota associativa annua, appositamente aumentata, fosse riservata una parte alla possibilità di connettersi via internet ai congressi e alla manifestazioni culturali, sarebbe vantaggioso per gli aderenti, sia dal punto di vista culturale (perché sarebbe consentita una più ampia e diffusa presenza all’evento filosofico) che economico (per un socio che abita a Trento, per esempio, costerebbe assai di meno intervenire on line al Congresso nazionale che si svolge, poniamo, a Palermo che non recarsi e soggiornare in questa città).
3) Cosa ne pensa del clima culturale e politico in cui i filosofi si trovano a lavorare? Possiede ancora il filosofo un’effettiva funzione sociale? E, quindi, quali sono i percorsi che il mondo filosofico può intraprendere per il superamento di un periodo di crisi?
M.Z.: Ho molta ammirazione per quei professori di filosofia – e quei filosofi italiani contemporanei – che anche in tempi recenti, o in un recente passato, hanno assunto cariche politiche, perché ritengo che nel fare questo essi abbiano innanzitutto e primariamente inteso impostare con spirito critico e saggezza le questioni che il loro ufficio di volta in volta presentava.
Ecco, penso che la filosofia in quanto tale non sia, né debba essere, una «tecnica politica»; intendo dire che suo scopo primario non è di indicare un sistema politico o un modo politico di gestire la cosa pubblica, bensì quello di dare a chi la pratica una formazione in virtù della quale esercitare con criticità e saggezza il governo della cosa pubblica. In questo senso trovo che i trattati di filosofia politica non siano affatto indicazioni di modi di gestire il potere, bensì la teorizzazione di modelli di politica, e in questo senso assolvono più a una funzione di formazione che di «manuale» per l’uso.
In particolare, poi, in tempi di crisi ritengo che compito irrinunciabile del filosofo che voglia esprimersi sulla società sia quello di risvegliare e tener vivo nelle coscienze i valori che ne reggono la vita: mostrare, per esempio, che la giustizia è un valore irrinunciabile, che alla libertà non va mai abdicato, e così via. Come? Con i mezzi di comunicazione che ha a disposizione. E qui torniamo alla prima domanda: la comunicazione on line riveste in ciò un’importanza non secondaria. Un servizio televisivo, per esempio, su ciò che avvenne in certi regimi oltre cortina quando fu programmaticamente impedita la circolazione delle idee, col commento, diciamo così, fotogramma per fotogramma, fatto da persone che sappiano non soltanto mettere in risalto l’evento, ma suscitare un giudizio critico dello spettatore (che in tal caso non è più soltanto tale, ma un co-lettore dell’evento stesso), avrebbe, io credo, un alto valore formativo. In senso complessivo (e per esprimermi in generale) non credo che il rapporto tra filosofia e politica sia diretto, ma mediato: che cioè la filosofia debba svolgere un intervento di riflessione critica sulla politica, non formulare essa stessa programmi politici.
4) Quali sono i Suoi progetti di ricerca in cantiere per il futuro?
M.Z.: Mi piacerebbe dedicarmi, se Dio mi darà vita, in quest’ultimo segmento della mia attività di professore a portare avanti l’edizione dei testi aristotelici che ancora non ho potuto (o, meglio, saputo) affrontare, e al tempo stesso – cosa che sto già facendo – avviare alcuni miei giovani «allievi» a proseguire in questo lavoro di ricostruzione storico-esegetica dei testi anche al di là di Aristotele.
5) Pensieri di cartapesta ha assunto come linea editoriale fondamentale quella di una critica militante costruttiva, una critica non aggressiva o tendenziosa, ma che si concepisce, per dirla con Platone, come “purificazione”. Condivide questa scelta editoriale? E che suggerimenti ha in proposito?
M.Z.: La condivido in tutto e per tutto. Unico suggerimento, che è poi una raccomandazione: mantenersi saldi in questo nobile percorso intellettuale e non cedere a eventuali allettamenti, neppure in caso di «necessità» (so benissimo che il mantenimento di una rivista richiede impegno e sacrificio. Ma non bisogna cedere alla tentazione, ove capiti, di «mantenersi in vita» a ogni costo): chi cede una volta, chi inizia a cedere perché «è indispensabile» per sopravvivere, apre la strada verso esiti ben diversi da quelli che si era inizialmente proposto.
Nessun commento
Pingback: INTERVISTA A MARCELLO ZANATTA – prima parte | Pensieri di cartapesta