Roberto Rivadossi |Conversazione

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È vero, il centro del nostro nucleo poggia saldamente i piedi nella capitale. È anche vero però che l’arte e l’ingegno sono presenti un po’ in tutto il mondo. Nel mio girovagare ho avuto modo e piacere di incontrare Roberto Rivadossi, geniale artista bresciano.

Ho conosciuto le sue opere per caso e la prima volta che mi sono imbattuto nella sua arte sono rimasto molto tempo ad osservarla, tanta è la freschezza e la genialità. Roberto si può definire un surrealista, un fotografo sognante di immagini eteree che solo il talento riesce ad immortalare sulla tela. E’ incredibile come nelle sue opere ci si possano trovare infinite dimensioni, e non è soltanto per le svariate tecniche utilizzate: pennelli, matite, penne, pennarelli; ma soprattutto perché ogni volta che si osservano c’è sempre un nuovo particolare che cattura l’attenzione. Ci si passerebbe intere giornate davanti, a svelare, a incontrare personaggi, a ritrovare un nuovo particolare. Sperando di poter recensire presto una sua mostra capitolina, intanto, Nucleo mi ha dato la possibilità di intervistarlo.

Andrea Palazzi: Sarò sincero, la prima volta che ho visto le tue opere ho pensato fossero figlie di una mente di un ventenne e non di  un sessantaquattrenne. Come fa Roberto a mantenersi così sognatore, geniale, fresco e incontaminato?

Roberto Rivadossi: Immagino sia una questione di DNA, o almeno credo sia l’unica risposta possibile e quella più vera. Alla mia età, se hai vissuto non solo con lo stomaco ma anche con un po’ di testa, non puoi non esser contaminato…se non lo sei però è perché il tuo codice genetico ti costringe ad esser così…è come domandare ad un pesce perché non respira aria.

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A.P.: Come vivi la tua arte? Come una fuga, una liberazione, una gabbia?

R.R: Mai come una gabbia. Ma forse nemmeno come fuga o liberazione. La vivo con emozione, ecco questo è il termine più appropriato. Nel senso che le emozioni che ricevo, che vedo negli altri e che vivo, mi danno l’imprinting. Siano esse attribuite ad immagini o ricordi (a volte laceranti), episodi di vita quotidiana o di cronaca e attualità mondiale. Ecco questi sono i miei stimoli. Vivo così i miei quadri, emozionandomi nel farli.

A.P.: In 64 anni di età, e credo poco meno di attività artistica, perché i tuoi quadri sono usciti così poche volte da casa?

R.R: per il semplice motivo che sono miei. Almeno così ho sempre pensato fino a poco tempo fa. Ora, per un motivo prettamente anagrafico, ho voglia di misurarmi, un po’ di scoprirmi e non per ultimo gratificarmi. Meglio farlo quindi, finché ho ancora testa per farlo.

A.P.: Cosa pensi della produzione artistica contemporanea? Ormai le nuove arti visive, con le video installazioni e quanto altro, stanno surclassando un potutto il resto della produzione non credi?                         

R.R: credo nell’arte in generale. Credo che ci siano numerose e nuove forme d’arte, che tutte vadano viste e che debbano avere un loro spazio. Ma credo anche che un pittore debba essere considerato per quel che fa e quel che trasmette con il “segno” e non per come si vende, o svende a volte. Ci sono pittori d’arte moderna che amo molto, non tanto per le critiche o le ovazioni che ricevono, né tantomeno per il loro valore di mercato, mi piacciono per quel che mi trasmettono nel momento in cui vedo i loro quadri, per l’emozione che sanno darmi. Ci deve esser comunque sempre una ricerca. Del resto  l’arte è anche questo, ricerca nel proprio contesto, sia esso storico, culturale e tecnologico/innovativo. Poi tutto è relativo.

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Roberto Rivadossi al momento sta esponendo presso I Du de la Contrada, a Brescia.

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Autore

Andrea Palazzi

"Il passato è presente in ogni futuro". Andrea Palazzi scrive quello che i suoi occhi osservano e quello che la sua epidermide del cuore assorbe. Nelle sue recensioni traspare la continua ricerca tra l'esatta posizione delle cose e la loro giusta dimensione. Per lui l'arte è l'interazione emotiva tra chi crea e chi osserva.

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