La prima proposta del Kollatino Underground è stata Il regno profondo – sermone drammatico di Chiara Castellucci, drammaturga e coreografa italiana, che ormai non ha più bisogno di presentazioni.
L’artista declama una lista di proposte, ragionamenti e sentimenti in un monologo, che a tratti diventa dialogo immaginario con un Dio “duro d’orecchi, se non addirittura sclerotico di cuore”. Questa sorta di preghiera, che alterna canto e racconto poetico, fa ironia sulla vita e sulla religione, mettendo a nudo le debolezze umane così come le loro proiezioni divine.
Sola alla sua scrivania, la Castellucci interpreta ogni Uomo, che nel suo pensare, temere, sperare, ha bisogno di rivolgersi ad un Altro, magari al Dio della tradizione, seppure Egli dica di non esistere: “nessun mistero, niente di niente”.
Si rinvia alla recensione di Gianpaolo Marcucci fatta in occasione dell’esibizione al Teatro India nel 2009.
È seguito l’assolo Requiem_ fase 2 di e con Maria Paola Zedda, direttrice artistica di questa rassegna. La coreografa è intimamente ricurva su se stessa, mentre si pettina i capelli con le mani, allontanandoli, tirandoli, quasi fosse impigliata ad essi. Essi le coprono a più riprese la faccia, segno di un volontario isolamento e chiusura. Si trattiene il fiato quando per tre volte getta la testa nell’acqua, per poi prendersi i propri tempi di intimità nel lavare, strofinando accuratamente, gambe ed inguine. Basta poco ed il secchio d’acqua si rovescia.
Il terzo assolo femminile è stato The Other Room di Helena Hunter, artista inglese, che studia il linguaggio corporeo nella sua complessità politico- culturale, attraverso la performance live, per camera, film ed opere cinematografiche.
In questo lavoro, la si vede come una figura a metà tra una bambola ed un cavallo, che in ginocchio ci dà le spalle. Si aspetta, in silenzio. Deve alzarsi, far vedere che è padrona dei propri movimenti. Ma la lastra trasparente su cui dovrebbe esibirsi la fa scivolare ripetutamente. Quanto è difficile alzarsi, tanto è facile cadere giù.
Negli unici intermezzi di musica muove a ritmo le sue scarpette rosse, ma osando troppo, perde l’equilibrio e finisce a terra con una violenza tale da suscitare lo sgomento del pubblico. Nel suo ennesimo tentativo di rialzarsi, danza nel liquido, scalciando come un animale che non si arrende, anche se umiliato ed impotente.
A metà tra un cavallo ed un uomo, o meglio una donna con le sue calze fatte dell’appiccicosa schiuma del sapone, l’artista è capace di produrre una compartecipazione e un’immedesimazione totale con il sentimento di difficoltà e di sconfitta finale.
Impossibile non formulare, durante e dopo la performance, riflessioni sul persistere del nostri desideri nonostante tutto, sulla ragionevolezza del continuare a provare ed a lottare. In questo modo si viene quasi costretti a mettere in questione la nostra identità, connessa con il passare ciclico del tempo, che la modifica nel corpo e nell’animo.
Stimolati da queste tre proposte al femminile, si prova il senso del riconoscimento di stati d’animo comuni ad ogni individuo, che proprio per questo forniscono le condizioni per una ricerca personale di risposte, che variano emotivamente nel tempo, anche di fronte ad uno stesso scenario.
6 maggio 2011 al Kollatino Underground
Via Sorel, 10 – Roma