scritto e diretto da Jacopo Neri
con Laura Monti, Jacopo Fazzini, Laura Ragone, Alessandro Piavani, Francesco Guglielmi, Eleonora Lausdei, Chiara Ferrara, Pierangelo Menci, Federica Di Marco, Alessandra Martino, Martina Pantoni
costumi e scenografia Andrea Mancini
musiche Carlo Vinardi
scenotecnica Edoardo Federici
24 marzo, Teatro Morgagni, Roma
Al Teatro Morgagni è andato in scena “Eternamente Grata-Dramma da salotto in due atti” del giovane regista e drammaturgo romano Jacopo Neri, che aggiunge con questo nuovo spettacolo un tassello al suo prolifico lavoro. Lo spettacolo è interamente scritto da lui ed ha come nucleo una vicenda famigliare.
Una famiglia borghese dove il padre sostiene una filosofia alquanto retrograda sui ruoli dell’uomo e della donna nella vita sociale: arrivato alla maggiore età il maschio deve capire che la parte migliore della sua esistenza se ne è andata e che inizierà quella peggiore. Deve così rinunciare alla propria bontà per diventare un vero uomo e non essere un “coglione,” mentre la donna al contrario deve diventare buona e grata all’uomo per il sacrificio che egli compie. Con lo svilupparsi della vicenda si capisce che dietro a questo rigido ordine famigliare si nascondono accadimenti del passato che sono destinati a riemergere e creare un nuovo scompiglio nella vita di ciascuno. A fare da sfondo alla storia ci sono una misteriosa locanda- luogo iniziatico che sembra tenere le fila del destino di tutti- una palude che pervade del suo odore mefistofelico gli animi dei protagonisti, una fuga di gas che fa scoppiare una scuola e una crema per le mani al gelsomino che sigilla il potere.
Lo spettacolo si snoda in cinque parti. La scena si svolge perlopiù nella sala da pranzo della famiglia Aliprandi e in una locanda. Segno caratteristico di Jacopo Neri sembra essere la ripetizione, intesa in questo caso come una sorta di storpiatura dell’ esercizio matematico sulla proprietà commutativa dell’addizione “cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia”. Il regista invece cambia l’ordine degli addendi proprio per cambiare il risultato e far procedere lo sviluppo drammaturgico: nella seconda scena le battute e le azioni sono a grandi linee le stesse di quelle della prima , ma il figlio prende il posto della figlia e viceversa e si aggiunge un nuovo personaggio che prende alcune battute del figlio. A livello registico questa strategia per compiere il percorso narrativo e relazionale tra i personaggi sembra essere una bella intuizione, potrebbe riportare in maniera concreta e strutturale uno dei temi dello spettacolo: la circolarità e l’eterno ritorno di un ordine ineluttabile; ma la carne al fuoco è molta, forse troppa.
Si sente tanto materiale sia dal punto di vista drammaturgico che da quello registico, ma spesso le intuizioni sembrano perdersi nell’incontro fra i due aspetti sulla scena. Un testo troppo ricco di informazioni che non riescono a incarnarsi tutte nelle azioni degli attori. Si perdono pezzi, si fa fatica a metterli insieme. Ma il materiale c’è, manca una semplificazione.