Japandroids: it's gonna be really fucking awesome!

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Japandroids

Line up:

Brian King – voce, chitarra

David Prowse – batteria, voce

Dove: Lanificio 159, Roma

Quando: 18 Ottobre

Per maggiori info:

Japandroids | Official

Japandroids | Facebook

Ascolta:

The House That Heaven Built

Continuous Thunder

Younger Us

L’umidità che si insinua sotto i vestiti, quando si arriva in Via di Pietralata davanti all’ingresso del Lanificio 159, è l’ inequivocabile segnale che l’ autunno è finalmente arrivato anche a Roma. E l’autunno porta con sé importanti “dubbi esistenziali” prima dei concerti: «Che dici? Lasciamo la giacca nel motorino?» – «No, tanto non credo di pogare. La tengo in mano, sempre che me la levi» – «Dici?» – «Ti pare? Non ci sarà nessuno, forse farà anche freddo!».

Invece vi è una nutritissima folla di fans in attesa di ascoltare dal vivo i Japandroids. A far da spalla al duo canadese sono i Be Forest, giovanissimo trio pesarese che accompagna gli amici d’oltreoceano per buona parte del tour europeo. Non appena i Japandroids salgono sul palco, il pubblico, ancora immerso nelle languide melodie new wave suonate dalla band marchigiana, viene scosso dalle parole di Brian King – cantante e chitarrista del gruppo – che afferma di voler suonare quasi tutto il repertorio, vista la scarsa frequenza dei loro live in Italia. Si inizia con The Boys Are Leaving Town – prima traccia del loro album di debutto, Post Nothing (Polyvinyl Record, 2012) – e la risposta dei fans è energica e immediata: i più tranquilli cantano agitando i pugni in aria, mentre altri fanno partire i primi stage diving e accennano un pogo che diventerà costante per tutta la durata del concerto.

E’ impossibile infatti restare immobili sulle note rabbiose e ispirate di Rockers East Vancouver e Younger Us, brani che parlano dell’adolescenza passata a Vancouver, British Columbia – come tiene sempre a precisare Brian, durante i suoi calorosi dialoghi con il pubblico – tra birra, buoni amici, noia e desiderio di avventura. La batteria di David Prowse tiene il tempo di un sincero urlo liberatorio, anzi, vista la bravura del musicista, diventa essa stessa parte di quell’ urlo, a cui il pubblico romano partecipa con trasporto: durante brani come Adrenaline Nightshift e Fire’s Highway, Brian non sembra suonare solo la chitarra, ma ha a disposizione un centinaio di corpi che si agitano come se fossero corde di un unico vibrante strumento musicale.

I Japandroids con il loro punk rock originale e genuino limano l’età media dei presenti, immergendo tutti in una sorta di adolescenza universale che invece di provocare malinconica nostalgia, rinvigorisce sopite pulsioni vitali, le quali trovano massima espressione in The House That Heaven Built, cavallo di battaglia del loro ultimo lavoro – Celebration Rock (Polyvinyl Rocord, 2012).

Nonostante l’energia che mettono nel suonare, Brian e David non si stancano di intervenire tra un brano e l’altro, esprimendo la loro volontà di conoscere la scena rock italiana, invitando il pubblico a visitare Vancouver, parlando dei loro progetti futuri e specificando sempre che tutto «it’s gonna be really fucking awesome!»Prima dell’esecuzione di Crazy/Forever, Nicola dei Be Forest – che porta un tatuaggio con il titolo della canzone – viene invitato a salire sul palco, manifestazione tangibile dell’amicizia che ormai lega le due band: il gruppo pesarese, prima del tour con i Japandroids, aveva infatti realizzato una cover di I Quit Girls, brano che il duo canadese dedica loro durante il concerto.

L’unico momento lento del live show è rappresentato dalla romantica Continuous Thunder, penultima canzone eseguita. Quando il concerto termina e le luci viola si dissolvono, sono molti i volti sorridenti e sudati che cercano le giacche abbandonate chissà dove e sorge spontanea la risposta alle domande di inizio serata: sì, sarebbe stato molto meglio lasciarle nel motorino!

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Autore

Redazione

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