JUNKFOOD live @ CIRCOLO HEMINGWAY
Line up:
Paolo Ranieri (tromba/effetti)
Michelangelo Vanni (chitarra)
Simone Calderoni (basso)
Simone Cavina (batteria)
Genere: post-rock/sperimentale/jazz/avant
Location: CIRCOLO HEMINGWAY, Latina – 24 febbraio 2012
Info:
Link Facebook del Circolo Hemingway
Link sito di La Famosa Etichetta Trovarobado
Quello dell’altra sera non è stato il mio primo contatto con i Junkfood. Credevo di sapere esattamente cosa aspettarmi da un concerto del quartetto bolognese: ventose dilatazioni post rock impreziosite da sofisticati voicing importati dal jazz. Evidentemente, e non senza ragioni, nei nove mesi trascorsi dalla loro prima apparizione nei locali di Latina le mie impressioni si son fatte via via meno vivide.
L’apertura dello show è in perfetto stile ambient: i soffici crescendo delle strings,bagnate da un sapiente uso di delay e pedale volume nel caso del basso, strofinate da un archetto 3/4 nel caso della chitarra, animano una stanza sonora liquefatta e scivolosa, attraverso cui ci muoviamo appigliandoci alla melodia rassicurante della tromba, timidissima in principio. Il mood è completato da taglienti stridii ottenuti strofinando un archetto anche su piatti, aste e fusti della batteria, altro tentativo (dopo quello del quartetto islandese Amina che suonava una sega con un archetto) di amplificare la segreta voluttà dell’anima del ferro.
Ma ecco che all’improvviso si materializzano le note dei pezzi del loro disco intitolato Transience – per La Famosa Etichetta Trovarobado nel 2011 – e mi si fa di nuovo chiaro quel nesso cervellotico e mai completamente delineabile che lega la musica ad uno stato di dormiveglia coscienziale: il tempo, nella sua involontaria oscillazione tra l’essere una grandezza discreta e continua. In pezzi di rara bellezza come Hikikomori, Exodus e Rehabilitation Program avviene il miracolo della dispiegazione del divenire in quanto tale: la ricercatezza armonica e ritmica si fa intuitiva nella melodia così da concedere di cogliere la dissoluzione di una nota nella successiva trattenendola per un attimo come in una contrazione esistenziale. Un attimo, cioè il tempo necessario per lasciar scivolare la nota passata, ascoltare quella presente ed aspettare quella futura. Questo luogo temporale è analogo al mesocosmo del dormiveglia dove coesistono sogno e realtà per brevi istanti sovrastorici, la cui essenza è proprio quella di sfuggirci.
Per questi ed altri motivi una loro performance live è quasi migliore di quella su disco.
Imperdibili.
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