KAKI KING + TORO Y MOI live@ ROMA VINTAGE
Location: RomaVintage, Parco di San Sebastiano
info:
Ascolta – Kaki King, Playing with Pink Noise
Parecchia gente per essere un lunedì sera. Certamente la scelta degli organizzatori del Roma Vintage per il 2 luglio è stata molto tattica: due mentalità creative agli antipodi che si esibiscono sullo stesso palco a distanza di qualche decina di minuti, così da attirare un pubblico più eterogeneo possibile. La prima, Kaki King, per cui vale la legge conosciuta come Butterfly Effect, secondo cui la minima variazione di stato – nel nostro caso la più impercettibile intenzione dinamica nell’esecuzione – potrebbe scatenare effetti di valore esponziale – cioè i cosidetti “tuffi al cuore” nell’animo del fruitore; la seconda quella di ChazwickBundick,in arte Toro y moi, per cui invece il massimo goal consiste nell’ottenere un ipnotico tappeto nu gaze di synth o motivetti synth-pop blandi e delicati, just to chill out.
Teorie dell’ascolto diverse a tal punto, che mi vedo costretto a scegliere: la brillante esibizione di Kaki King merita una attenzione particolare.
La giovane newyorkese esordisce nel 2003 con un album spiazzante: Everybody Loves You, di cui posso descrivere la complessità e l’audacia attraverso l’appellativo che usavo per indicare la chitarrista a quei tempi: «la tipa che suona l’acustica come fosse un piano e una percussione». Infatti, come Eric Mongrian o Andy McKee (e con mia sorpresa anche Giovanni Baglioni, talentuoso figlio d’arte), Kaki King fa parte della nuova scuola di chitarrismo acustico, comparsa sulla terra per la prima volta (per quel che so io) con Michael Hedges nei primi anni 80. Tapping o lap-tapping che sia, questa tecnica spacca-polpastrelli consente effettivamente di trasformare la chitarra in un pianoforte con la possibilità di malmenare la cassa armonica come fosse uno strumento a percussione: capite bene che le possibilità espressive e la varietà compositiva diventano potenzialmente infinite. Alla faccia di chi credeva che la musica tonale fosse esaurita! Nei dischi successivi ai primi due, Kaki si cimenta in un sofisticato folk di stampo statunitense, scoprendo anche il suo timbro vocale molto delicato. Le ultime viscerali proposte del disco in uscita in autunno, del quale non posso non ricordare uno degli ultimi brani in scaletta composto in occasione del matrimonio della sorella, sono quasi nell’ambito del folk irlandese impreziosito da tutte le risonanze della chitarra a 12 corde utilizzata.
In effetti quello di Kaki King è stato un percorso di progressiva apertura sentimentale verso il suo pubblico, partendo dai dischi più tecnici e virtuosi fino agli ultimi brani via via più riflessivi e confidenziali. Questa stessa intimità e sincerità si avvertiva anche nel corso dell’esibizione: ricercava il contatto con l’auditorio confidando di preferire l’accordatura open D minor, oppure rivelando le sue sperimentazioni segrete con bridge al sedicesimo tasto. E noi eravamo estasiati.
A mio parere, il gesto di massima intimità che un/una chitarrista può fare è quello di accordare lo strumento a orecchio di fronte all’attenzione di tutti: e alla fine di ogni pezzo il dolce tintinnio delle corde tirate dalle chiavi, sembrava sussurrare: «cerco di intonarmi e accordarmi al vostro respiro, al vostro battito cardiaco, ai vostri movimenti oculari… affinchè si fidino di me e del mio modo di guidarli».
La cugina-angelo di Kerry King. Profondissima.