In scena al Teatro Spazio Uno: Kassandra, uno spettacolo adattato e diretto da Francesca Frascà.
Kassandra
adattamento e regia: Francesca Frascà
con: Serena De Simone, Daniel Plat, Mauro Vizioli, Raffaele Risoli, Luigia Pigliacelli, Giovanna Donia, Raffaella Zappalà, Manuele Ferretti, Diego Deidda
Associazione Culturale Theatrica
foto e video: Marco Lausi
Dal 26 al 30 Marzo – Teatro Spazio Uno, Roma
Nella figura della profetessa troiana cielo e terra si inseguono fin quasi a confondersi. Serena De Simone utilizza un telo rosso per dare alla sua Cassandra la possibilità di avvolgersi, imprigionarsi, volare; e lo spazio scenico scopre la verticalità.
Lo spettacolo, tratto dalla Cassandra di Christa Wolf è un racconto a più voci, tutte filtrate dalla coscienza della sacerdotessa di Apollo. Una narrazione che si frantuma, passando dal presente al passato, tra ciò che sarà e ciò che è irrimediabilmente già accaduto. All’apertura del sipario il destino della sacerdotessa sta già per compiersi, tutte le vanità sono ormai perdute.
Cassandra è «sempre stata più attratta dalle immagini che dalle parole». Ed è attraverso alcune immagini potenti che Francesa Frascà risolve i passaggi fondamentali del testo.
Vediamo Clitemnestra inghiottire, sotto la sua enorme gonnella nera, il marito Agamennone e la sua illustre prigioniera. Tutto previsto, inevitabile, ma non gridato. Manca a questa Cassandra la «voce estranea» che continua a restarle in gola. Non esplode nei saggi deliri profetici. Sussurra, si confronta, è dolce con il fratello e con Enea.
Solo di fronte alla guerra si fa ferma, decisa a non scendere a compromessi. Una sana intransigenza. Un no chiaro gridato all’amatissimo padre.
Il legame di Priamo con la terra è più saldo. Il re di Troia non volteggia in aria, ma la tensione verticale dei sogni di grandezza lo porta a salire sui trampoli. Anche lui è un sognatore, ma un re non può permetterselo, e il crollo dai trampoli giunge rapidamente. «La fine della guerra fu degna del suo inizio: un infame inganno». Priamo cade e la storia si compie.
La tragedia si colora delle tinte intime che Christa Wolf attribuisce ai personaggi del mito. Uomini e donne complesse.
La messa in scena è essenziale ma suggestiva nella sua composizione tutta improntata sulla verticalità.
I nove attori sono sempre in scena e, attraverso il loro movimento, tessuti e corde diventano alternativamente una nave in tempesta, gli archi delle amazzoni, comodi giacigli o indistruttibili catene.
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