Equilibrio Festival 2015 | Katlehong Cabaret Direttore artistico Gabriel Nkosi Regia e coreografia Via Katlehong Dance e Hlengiwe Lushaba Con Nomathamsanqa Baba e Thembinkosi Hlophe E con Steven Faleni, Vusumuzi Mdoyi, Madlenkosi Fanie, Vuyani Feni, Tshepo Nchabeleng, Lemi Fudumele, Mpho Malotana Direttore tecnico David Hlatshwayo Suono Mbulelo Ndlebe Coordinamento Julies Lucas Produzione Damien Valette Coproduzione Via Katlehong Dance / Theatre National de Chaillot La Scène nationale d’Orleans / Peak Performances @Montclair State (New Jersey) Equilibrio Festival della nuova Danza 9 febbraio 2015 Sala Petrassi, Auditorium Parco della Musica
“Volevamo raccontare le nostre vite, presentarci il più onestamente possibile sulla scena affrontando la nostra profonda essenza di neri del Sudafrica, sia sul piano politico che su quello sociale, religioso, culturale e tradizionale … E proprio l’intreccio di queste diverse dimensioni a plasmare la nostra esperienza ed identità.” – Tratto da un’intervista con Vusi Mdoyi, realizzata da Maxime Fleuriot per il libretto di sala del Theatre National de Chaillot di Parigi.
Lo spettacolo, proposto all’Equilibrio Festival 2015 dalla Compagnia Via Katlehong Dance con la partecipazione degli artisti multiformi Baba e Hlophe, è quello di un cabaret denso di musiche tribali, danze sfrenate, testimonianze di spaccati di vita e ritmi frenetici: l’apertura di una cultura, quella sudafricana della township di Katlehong, da cui la compagnia prende il nome, che si apre al pubblico per mostrarsi nella sua dimensione più vera. È in questo sobborgo dal tenore di vita assai difficile e misero che prende forma la cultura di protesta pantsula negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, segnati per le popolazioni di colore dal duro regime dell’Apartheid. L’intento della compagnia è quello di farsi promotore e testimone di una realtà che li condiziona in ogni attività e momento della loro giornata, e la cui danza e arte di conseguenza è segnata da un fortissimo legame con la vita quotidiana.
Con l’aiuto di scenografie e costumi vengono ricreate esperienze della vita in miniera, dei riti religiosi e dei momenti di svago. Protagonista di ogni situazione è sempre il corpo, un involucro energico in esplosione continua, utilizzato dai danzatori come strumento musicale per creare percussioni, sfruttato come fonte primaria di comunicazione sia nelle sequenze più propriamente ballate, pregne di ritmi velocissimi che portano a “muovere i piedi alla velocità della luce”, sia negli atteggiamenti più quotidiani. Il movimento e la danza rappresentano quindi un elemento culturale che prescinde il fatto artistico, come dimensione necessaria e primaria di espressione dell’esistenza che infatti è livello preespressivo anche nei due cantanti Baba e Hlphoe, i quali profondamente coinvolti narrano e accompagnano con voce potente e selvaggia le vicende che si susseguono sul palco.
Si accostano durante la rappresentazione un registro più basso e popolare, che si identifica con la cultura pantsula vera e propria, e un registro più alto e specializzato, che si manifesta in brevi sequenze più virtuosistiche: i due toni si completano tra loro e si pongono l’uno al servizio dell’altro, per rendere al meglio la volontà degli artisti di trasmettere le loro radici e la loro cultura.
La performance porta un’ondata di svago e genuina liberazione, piacevole in ogni immagine proposta. La platea della Sala Petrassi dell’Auditorium parco della Musica si dimostra tuttavia scettica e poco coinvolta, probabilmente proiettata verso altri immaginari performativi.
