La Kustermann sceglie la Yourcenar per trasformare il lirismo della poetessa attraverso un stile visionario, espresso dalla regia di Massimo Verdastro.
Saffo o il volo dell’acrobata
Regia: Massimo Verdastro
Con: Manuela Kustermann
Scene: Stefania Battaglia
Luci: Valerio Gerorldi
Musica: Mauro Lupone
Dal 21 al 23 maggio 2013 – Teatro Vascello, Roma
Saffo o il volo dell’acrobata è una partitura drammaturgica per attrice solista, ispirata a uno dei racconti che compongono Fuochi, l’opera forse più poetica e visionaria di Marguerite Yourcenar. Lo spettacolo concepito per e con Manuela Kustermann, racconta le vicende di Saffo, la grande poetessa greca che, nell’invenzione letteraria della Yourcenar, assume le sembianze di un’artista del Circo, un’acrobata.
Così come Antigone, Pentesilea, Clitennestra, Maria Maddalena, le mitiche eroine reinventate dalla scrittrice francese, anche Saffo viene strappata al suo passato e catapultata nella contemporaneità. Il mondo che la accoglie è caotico, ostile, pieno di insidie e “di polvere”. Soltanto l’arte circense offre riparo e conforto ai tormenti dell’amore.
Atene, Alessandria, Istanbul sono alcune delle città che ospitano, di volta in volta, il grande Circo dove Saffo si esibisce in numeri straordinari. E sullo sfondo di queste città affollate e rumorose si consumano gli amori difficili della poetessa-acrobata; quegli amori in cui l’eterna lotta tra eros e thanatos ogni volta si rinnova. Attide, la fanciulla dei fiori, sarà la causa scatenante che indurrà Saffo a lanciarsi nel vuoto, proprio come Lola Montes, la celebre avventuriera del magnifico film di Max Ophuls.
L’attrice solista dà corpo alla voce della Narratrice e a quella di Saffo. Le due voci non sono altro che facce di una stessa medaglia. Il racconto della Narratrice si alterna al monologo interiore di Saffo, in un progressivo crescendo che permette alle due voci di compenetrarsi.
Nella scena, disegnata da Stefania Battaglia, pochi elementi congiunti a immagini e suoni suggeriscono i luoghi in cui le avventure della poetessa-acrobata si compiono; una sorta di spazio della memoria dove il potere evocativo della parola, piega le figure del Mito al volere della Storia.
Questa è la sinossi di ciò che un Verdastro pretenzioso aspira per lo spettacolo con una logica puramente espressionistica che ricalca volutamente lo stile di una recitazione che ha segnato un cambiamento nel confronto tra attore–scena. Una danza dell’attrice che stacca il suo corpo per donarlo alla scena, un corpo memoriale, un corpo perduto nella memoria di un circo distratto, ovvero del tempo, un corpo che innalza la statura della voce a fermento lirico, un dire che si fa disperato, passionale, entusiastico.
Questo (s)concerto per attrice solitaria (non solista) assorbe le forme dell’inquietudine che attraversano il concetto d’amore della Yourcenar, scandite al secondo da un disegno luci claustrofobico e al tempo stesso onirico e albeggiante. Il personaggio ingloba l’io narrante e viceversa, cosi da percepire tre voci soppresse da una voce finale che è quella dell’attrice che racconta Saffo, attraverso la Yourcenar, che a sua volta racconta se stessa attraverso l’attrice.
Il suono delle musiche è sfacciatamente onnipresente, marchiato, e memore anch’esso di tempi passati che sfociano nella malattia del ricordo.