LA CATARSI DEL RICORDO

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La parola tedesca Erinnerung vuol dire ricordo ma, nell’opera di Gianni Guardigli, viene utilizzata anche come sinonimo di Gedächtnis, memoria. Il senso del titolo dello spettacolo è duplice: il regista, da una parte, vuole denunciare, attraverso la rievocazione della Shoah, un avvenimento storico che ha marchiato di vergogna l’anima di un’intera nazione e dei suoi complici; dall’altra, vuole dimostrare come la memoria degli avvenimenti, rielaborata in chiave psicologica, possa assurgere al ruolo di coscienza che purifica e chiarisce.

Queste facce della stessa medaglia emergono in maniera magistrale nei due monologhi in cui è suddivisa la rappresentazione: La sorvegliante e Il compleanno.

Originale, da parte dell’autore, l’idea di far parlare il carnefice, innanzitutto. Non vi è certo da aspettarsi un mea culpa radicale da questa donna, vista ora nella banalità della vita casalinga, tutta presa dalle faccende domestiche.

L’ormai vecchia SS è tormentata, profondamente lacerata, dall’ossessivo ricordo di quegli Untermenschen avidi e famelici e, soprattutto, dagli occhi feroci di Gert Weisenstein, che continuano a fissarla, giorno e notte: l’ebreo, inserito da lei stessa nella lista dei condannati a morte per aver osato poggiarle una mano sulla spalla, è il suo incubo ricorrente. Quegli occhi la fanno soffrire. La mangiano viva.

È paradossale che, nel vortice di inaudita violenza dei campi di concentramento, un generale possa aver avuto timore di quei miserabili, con quel brutto tatuaggio bluastro e tutti tremanti nelle loro vesti grigie. Lo sgomento non nasce dall’uomo in sé, Weisenstein, ma da ciò che egli rappresenta. Dietro quegli occhi ci sono le camere a gas, le celle frigorifere, la fame, la tortura, l’umiliazione, la negazione dell’umanità che lei stessa incarna. È la profondità di quegli occhi a spingerla a confessare tutto – con l’intervento di inevitabili meccanismi di autodifesa – di fronte a un giudice, reale o immaginario che sia. C’è un giudice, ma non c’è nessun giudizio, neanche da parte dell’autore. Inserire il fattore della deprivazione sociale della famiglia di provenienza dell’oppressore, anzi, vuole essere una sorta di attenuante del crimine. Per non parlare dell’assillante smania del senso del dovere. Quasi ci si intenerisce di fronte alla confusione di questa donna, alla sua follia, alla sua insicurezza.

Speculare è la storia di una signora borghese, pronta a festeggiare il suo 88° compleanno senza nessuno dei suoi familiari. Ogni tanto i flashback della segregazione, dei nascondimenti, della progettata fuga, del rapimento giungono improvvisi a toglierle la quiete. Alle sue spalle, un armadio pieno di cimeli simbolici: un candelabro a sette braccia, strumenti musicali, una radio, dei peluche, foto di bambini. Sono oggetti che parlano di ciò che si è posseduto e di ciò che si è perso. Il ricordo di quegli attimi si trasforma da semplice racconto a urlo afono e disperato, capace di dar corpo, seppur senza parole, alla sofferenza che ha accompagnato la protagonista per buona parte della sua esistenza. Qui non c’è più un giudice, ma la cieca furia dell’ingiustizia. Subita. Sopportata fino alla morte.

Vincitore del premio Rosso di San Secondo nel ’98, il testo ha ricevuto anche una “segnalazione speciale” al Premio Riccione per il teatro 1995. A contribuire al successo dell’opera la convincente interpretazione delle due talentuose attrici, Michela Martini e Dorotea Aslanidis.

ERINNERUNGLa Sorvegliante e Il Compleanno
Scritto e diretto da Gianni Guardigli
con Michela Martini e Dorotea Aslanidis
 
Dal 10 al 29 gennaio 2012 ore 21, domenica ore 18
Teatro Due Roma
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