Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani, in un volume collettaneo da loro curato, edito da Mimesis, ci invitano a riflettere attentamente sul significato di ciò che mangiamo ogni giorno e a pensare il cibo come una forma specifica di linguaggio.
Titolo: La cucina del senso
Autori: Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani
Editore: Mimesis
Anno I ed.: 2012
E’ stato detto: ‹‹Siamo quello che mangiamo››, ma forse non ci siamo mai chiesti: cos’è quello che mangiamo?
In La cucina del senso, Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani rispondono in parte a questa domanda. Il libro è una raccolta di 19 saggi di semiotica e antropologia attorno ad un argomento che, pur riguardando ineluttabilmente la nostra quotidianità, forse non conosciamo abbastanza: il cibo.
Nel mangiare c’è infatti più di un atto puramente naturale, perché si mangia solo ciò che il nostro sistema culturale ci spinge a mangiare, perché la preparazione del cibo è esso stesso un atto culturale, perché c’è un’intera trama di riferimenti, opposizioni, simbologie e implicazioni. E tutta questa trama ha un suo linguaggio.
L’atto di consumare un alimento si svolge su un’infinità di piani narrativi: è un testo narrativo la ricetta , come lo è il percorso del Soggetto-goloso verso l’Oggetto-del-desiderio-Cibo, e come lo è altrettanto il pasto stesso, ‹‹con il suo prologo (gli antipasti), le sue pause (i sorsi di vino), la sua conclusione (il dessert)››. E tutti questi testi sono specchio di altrettante realtà sociali, etiche, culturali: ci nutriamo non solo di materia ma anche di forma, ‹‹di tecniche, di usi, di immagini, di rappresentazioni, di mentalità››. In breve, ‹‹mangiamo segni a sazietà››.
Gli esperti di semiotica si interrogano su quali possano essere questi segni, dove leggerli, cosa significano, su come si acceda ‹‹dai sensi al senso››. E quindi Lévi-Strauss ci parla del salto simbolico insito nel passaggio dal crudo al cotto, Barthes prova a sviluppare gli elementi base di un linguaggio del cibo, Jakobson, Bastide e Greimas analizzano ricette popolari studiandone la controparte sociale, culturale nonché grammaticale e così via.
Il libro è certamente indirizzato ad un pubblico che di semiotica e antropologia un minimo si intende, riservando tuttavia sorprese e curiosità accattivanti anche per i non addetti ai lavori.
E’ proprio il caso di dire che se a volte con la cultura non si mangia, sempre invece mangiamo cultura!