Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Beethoven, Sinfonia n. 9
Juraj Valcuha – direttore
Kristiane Kaiser – soprano
Iris Vermillion – contralto
Anselmo Fabiani – tenore
Florian Boesch – basso
Ciro Visco – maestro del Coro
Dove: Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Quando: sabato 12 maggio 2012
Info:
Sito web Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Con una certa onestà, bisogna ammettere che è davvero difficile essere originali parlando della Nona di Beethoven. Considerata unanimemente un capolavoro assoluto della storia della musica, tanto da meritarsi l’iscrizione a Patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco nel 2001, l’ultima sinfonia di Beethoven ha rappresentato, negli anni, sentimenti e valori contrastanti, grazie alla spettacolare presenza della voce, innovativo strumento di conquista degli ideali. L’inno An die Freude di Schiller, posto a magnifica corona dell’ultimo dei quattro movimenti, è la bandiera della fratellanza per eccellenza, diventata poi l’inno dell’Unione Europea in quanto brano della speranza, della gioia, della promessa.
La Nona sinfonia di Beethoven, o più semplicemente la Nona, non è certo famosa solo per motivi formali o di innovazione: come il celebre testamento di Heligenstadt, contiene infatti l’amarezza e l’abbandono alla riflessione di un’anima tormentata, la cui solitudine è frutto della necessità, non di una vocazione. La sordità, vera maledizione per un compositore, aveva progressivamente relegato Beethoven al confine dell’asocialità, obbligandolo ad esprimersi solo mediante taccuino e ad ascoltare attraverso bizzarri strumenti acustici. Alla luce della tormentata vicenda biografica, il richiamo del testo di Schiller assume una valenza ancora più simbolica: ‹‹Tutti gli uomini divengono fratelli dove la tua dolce ala si posa…››.
Erano passati ben dodici anni, nel 1812, dall’ultima apparizione in pubblico del maestro e Vienna lo attendeva con impazienza. Si è veramente raccolta l’umanità all’ascolto delle note gioiose? Il grande schermo ci ha restituito l’immagine dei fazzoletti bianchi sventolati alla fine dell’esecuzione (Io e Beethoven) , dello stupore assoluto e dell’incredulità (Lezione 21) – solo per citare le pellicole più recenti.
A giudicare dalla Sala dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, l’accoglienza di quest’opera immensa non può che essere felice: ovazione per il giovane direttore, Jurai Valcuha e per l’orchestra intera, dagli energici violoncelli all’ organico dei fiati, protagonisti di questa edizione dell’opera più eloquente e suggestiva mai scritta.