E’ possibile redimersi? E’ questo il tema trattato nell’ultimo film del regista britannico Ken Loach, The Angels’ Share, film che è stato selezionato per partecipare al concorso della 65° edizione del Festival di Cannes e che ha vinto il Premio della Giuria.
La parte degli angeli, di Ken Loach, Sco/Gb/Fra 2012, 106′
Titolo originale: The Angels’ Share
Sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Jonathan Morris
Musica: George Fenton
Scenografia: Fergus Clegg
Prodotto da: Rebecca O’Brien
Casa di produzione: Sixteen Films, Why Not Productions e Wild Bunch
Casa di distribuzione: Bim Distribuzione
Interpreti: Paul Brannigan, John Henshaw, William Ruane, Gary Maitland, Jasmin Riggins e Siobhan Reilly
Il riscatto è una categoria ascrivibile al genere umano o appartiene allo spirito? Non è piuttosto una dimensione ideale e/o illusoria?
Tutto ciò che siamo stati e tutto ciò che abbiamo fatto non è cancellabile e, scriveva Camus, «dovunque ci portiamo addosso tutto il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro». Tuttavia Ken Loach tenta di strapparci da questa solitudine del presente, suggerendo un’altra possibilità, fondata sull’umiltà e sulla forza di una costruzione emotiva e intellettuale, quotidiana, attraverso sacrifici e scelte coraggiose.
Siamo in Scozia.
Un balordo dedito alle risse evita, per il rotto della cuffia, una condanna alla pena detentiva per aver causato la perdita dell’occhio destro a un ragazzo della sua stessa età. Commuove la scena del confronto tra la famiglia della vittima e quella del “carnefice”. L’amore, la sincerità e la comprensione sono elementi fondamentali della dignità umana. La pena è convertita in giornate lavorative. L’avvocato d’ufficio perora la sua causa evidenziando il rapporto solido e sereno con la fidanzata, gli sforzi verso un’armonia affettiva e il prossimo arrivo di un figlio: passaggi concreti che dimostrano la decisa volontà di intraprendere un percorso di vita maturo e responsabile. Il sostegno dolce e generoso della fidanzata, l’altruismo delle relazioni d’amicizia, possono essere un valido appoggio per una condizione “orfana”, in cui si è padri e madri di se stessi. Durante i lavori nella cooperativa il protagonista attraversa un percorso di educazione sentimentale e professionale, grazie alla sua determinazione e grazie all’aiuto del responsabile dei lavori socialmente utili, che ne diviene il mentore. Prima gli evita di ricadere nella violenza quando il suocero, nel sottoscala dell’ospedale, lo sottopone ad un attacco fisico e verbale impedendogli con pesanti minacce di assistere alla nascita del figlio e di proseguire la relazione con la fidanzata; poi lo introduce alla conoscenza del whisky, con visite guidate a distillerie e sedute di degustazione professionale. La scoperta delle proprie capacità innate, del proprio talento, va mantenuto con esercizio costante e santificando la gratitudine verso chi «ha visto qualcosa in te». Il giovane si appassiona. Insieme ai nuovi amici, incontrati all’interno della cooperativa, mette su un circolo di assaggi e di studio e, dopo un viaggio estenuante, condotto su mezzi di trasporto di fortuna, metaforico e catartico, giungono ai confini del mondo: nelle Highlands. Territori fiabeschi, come i fiordi norvegesi o la Terra del Fuoco argentina. Territori in cui tutto è possibile. L’azione scelta per la redenzione è il furto. Il luogo è la distilleria in cui avviene la presentazione di un whisky rarissimo, di cui rimane una sola botte che verrà messa all’asta a prezzi elevatissimi. Il tempo è, ovviamente, la notte. Notte durante la quale, con espedienti rocamboleschi, riusciranno a introdursi nella cantina, a estrarre quattro bottiglie del prezioso distillato, a tornare illesi a Glasgow e a vendere, a un prezzo ragguardevole, il pregiato nettare a un collezionista che «non guarda all’etichetta» e non si cura del fatto che la merce sia stata trafugata illecitamente. Se la realtà non è credibile, allora anche i sogni diventano possibili.
Tre temi, in questa commedia dolce amara di Ken Loach, rendono la visione amorevole e attenta nella calda affettuosità delle poltroncine rosse del Nuovo Sacher: la bellezza, l’amore e la semplicità, esclusiva e intima, per un figlio. La determinazione alla conoscenza e l’applicazione allo studio che, unitamente a un pizzico di fortuna e a uno spirito bucaniere, liberano l’essere umano dalla condizione di ignoranza e schiavitù e permettono a una passione di diventare un lavoro. La lotta quotidiana per la redenzione e la libertà.
Per Natale e per il nuovo anno, questi, sono davvero tre bei regali.
1 commento
Pingback: La settimana di cartapesta dal 7 al 13 gennaio 2013 | Pensieri di cartapesta