Giovanna d’Arco vive. Giovanna d’Arco non è morta. Giovanna d’Arco combatte per un futuro migliore, forse già visto, già pensato, già vissuto, già finito. Giovanna la Guerriera, Giovanna la Santa, Giovanna la Pazza, Giovanna la Strega, Giovanna la Puttana; già, anche la entraineuse secondo i suoi detrattori. Giovanna l’Invasata parlava al Popolo, ai contadini, ai soldati, agli ambasciatori, ai capi di Stato, ai Nobili, ai traditori ed ai suoi benefattori. Morte e gloria, desiderio e passione, l’eros soffocato, straziato, contorto, assieme al suo corpo nudo, bruciato, calunniato, desiderato, concupito, massacrato, dispregiato. Vivesti solo un giorno come le rose, come cantava un poeta genovese che, per qualche strano gioco del destino, sembrava provenire da quel mondo di cantastorie, donne, arme, cavalier senza macchia e senza paura. Si sussurra che si chiamasse Fabrizio de André.
La poetessa Maria Luisa Spaziani, in ricordo dell’opera da lei composta in onore della Pulzella d’Orleans, ha commentato: ”Per passioni storiche e letterarie (forse anche umane?) che mi abbiano invasa dopo l’adolescenza, nessuna è paragonabile per intensità o durata alla passione che mi ha ispirato Giovanna. E’ un personaggio anomalo, una santa con la spada in mano, una poesia in azione, una creatura di straordinaria e totale maturità, un caso Rimbaud il cui arco risplende e si conclude prima dei diciannove anni, una fiammeggiante visionarietà che s’incarna nei parametri dell’intelligenza pratica, fusa alle ragioni della politica ma capace come poche nella storia del mondo di illustrare l’imperativo di un destino…
Sedimentata parecchi decenni, è nata di getto, con passione e inesplicabile furia, nel novembre 1988. […] Sembrava che i versi nascessero per generazione spontanea, e anzi devo confessare una mia strana impressione: che qualcuno mi sia stato sempre accanto a dettare”.
Gaia Aprea, la “Pulzella” in scena, ride, piange, si agita, urla, si contorce di dolore e di desiderio per quel fuoco, sì proprio così, per quel fuoco sacro che agita gli animi e non concede mai tregua, che inonda i suoi occhi, e le trapassa il corpo. Arde di passione, la giovane condottiera, si consuma per quel fuoco, per quella luce, e per quella voce, quella dell’Arcangelo, di quello squarcio che rompe la finzione teatrale, e accompagna lo spettatore facendo brillare per un istante, ma per un istante, soltanto gli occhi, l’anima, lo spirito. Il sacrificio di Giovanna regala quell’attimo di eternità, oggi sempre più lontano: emozioni sopite di un tempo sfinito, annegato, sobillato dallo squallore, dall’incuria, dalla consapevolezza di non esserci più. Ma tranquilli, la bellezza salverà il mondo, diceva un Idiota. Aspetteremo che Giovanna ritorni, combatta con noi e per noi, fianco a fianco, come si usava fare al suo tempo, in cui nobili re e prodi cavalieri combattevano spalla a spalla con i loro eserciti; non solo: marciavano in prima linea, davanti a tutti, a dimostrazione che il loro titolo non era un ridicolo ornamento da anteporre al loro nome ma un onore da conquistare e da tenere alto nel campo di battaglia. Destino inglorioso per i più valorosi. Quando i grandi condottieri romani tornavano dalle loro gloriose campagne militari, fuori dalle provincie dell’impero, era d’uopo eseguire un giro per le strade di Roma in occasione dell’evento portatore di fama e gloria, ed accanto al condottiero, in trionfo, si sistemava – solitamente su una stessa biga – sempre una persona (il più delle volte suo mentore o tutore) che aveva il compito di sussurrargli nell’orecchio: ”Memento homo qui pulvis es”. Cioè, “Ricorda uomo, che sei polvere”. Evviva Giovanna! Evviva la cattolica Francia!
GIOVANNA d’ARCO –Romanzo popolare in sei Canti in ottave e un Epilogo
di Maria Luisa Spaziani
con Gaia Aprea
regia Luca De Fusco
musiche Antonio Di Pofi
Al “Ridotto” del Teatro Mercadante di Napoli, 4 Dicembre 2001 ore 18:00, in scena dal 10 Novembre