Susanna Nicchiarelli nel suo ultimo film, La scoperta dell’alba, evoca la possibilità di vivere un’esperienza che affascinerebbe chiunque: il viaggio indietro nel tempo.
La scoperta dell’alba, di Susanna Nicchiarelli, Ita 2012, 92’
dal 10 gennaio nelle sale cinematografiche
Sceneggiatura: Susanna Nicchiarelli, Michele Pellegrini
Direttore della fotografia: Gherardo Gossi
Scenografia: Alessandro Vannucci
Suono: Maricetta Lombardo
Musiche originali: Gatto ciliegia contro il grande freddo
Produzione: Domenico Procacci
Distribuzione: Fandango
Interpreti: Margherita Bui (Caterina), Susanna Nicchiarelli (Barbara), Sergio Rubini (Lorenzo), Lino Guanciale (Marco Tessandori), Sara Fabiano (Caterina piccola), Anita Cappucci (Barbara piccola), Gabriele Spinelli (Giovanni Tonini), Lina Sastri (Marianna Dall’Acqua)
È la risoluzione del passato che permette un futuro di tranquillità. Il presente a volte diventa soltanto un passaggio obbligato, o un passante un po’ distratto.
Le vittime delle uccisioni delle Brigate Rosse. Famiglie distrutte, divise, lasciate bruciare nel rimpianto di un “forse non dovevo lasciarlo andare”, “forse non avrei dovuto lasciarlo da solo”, “Forse….” e altri mille “Perché?”.
Marco Tessandori è il figlio di Mario, professore, luminare, ucciso a colpi di pistola all’università da un brigatista. Caterina – Margherita Bui – e Barbara – Susanna Nicchiarelli, regista e attrice – sono le figlie di Lucio Astengo, anch’egli professore, collega di Tessandori, scomparso nel nulla poche settimane dopo l’omicidio. Anche lì le BR hanno messo del loro. Almeno così la storia del film racconta. Siamo nel 1981.
Dopo trent’anni molto è cambiato. Barbara è un agente di una band rock, Caterina insegna all’università e Marco ha scritto un libro. Un libro sulla morte del padre.
«Da figlio a figlia» questa la dedica per Caterina sulla seconda di copertina. Una dedica da vittima a vittima. Dopo la morte della madre, le due sorelle mettono in vendita la casa al mare dove hanno trascorso tanti anni d’infanzia con il padre. Tutto deve essere portato via: mobili, libri, giocattoli. Bisogna anche sgomberare il garage. Durante il trasloco Caterina distrattamente butta a terra il telefono, uno di quelli vecchi, con la rotella per comporre il numero. Con grande sorpresa la donna si rende conto che c’è ancora linea. Inconsapevolmente quel tu tu tu tu tiene in vita molto. Caterina allora prova a chiamare, ma il telefono non va. Poi, guardando la bacheca di fronte al mobile dov’è posizionato l’apparecchio, ritrova scritto il numero di telefono della loro vecchia casa a Roma, l’ultima che ha visto il padre in vita. Chiama. Squilla. Dall’altra parte risponde una bambina. È lei, il giorno della scomparsa del genitore.
Inizia così una storia nella storia. La possibilità di poter cambiare il corso delle cose prende e porta via Caterina, distraendola dal suo presente, come fosse, appunto, un passante. Ha bisogno di sapere che fine abbia fatto il padre e così, attraverso se stessa bambina, cerca a tutti i costi di evitare la sua scomparsa. Poi però, come quasi sempre accade, spolverare il proprio passato non è sempre cosa buona, diventa un’azione scomoda, spiacevole, anche se, comunque, migliora il proprio futuro arricchendolo di consapevolezza e verità.
Film tratto dall’omonimo romanzo di Walter Veltroni, La scoperta dell’alba si può definire un thriller dolce, un giallo opaco, una bella storia. Anzi, un bel sogno.
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