Amore e Musica. Tema e variazioni. Così recita il titolo di uno degli ultimi libri di Mauro Carbone, ordinario di Estetica presso l’Universitè Jean Moulin Lyon 3. Si tratta di un breve e affascinante saggio, che si articola eccedendo sorprendentemente, dai comuni accostamenti fra l’amore e la musica, rivolgendo lo sguardo alle categorie fenomenologiche. Le riflessioni di Carbone ruotano intorno a tre imponenti figure francesi, Proust, Deleuze e soprattutto Merleau-Ponty, qui riletti in relazione ad un tema squisitamente platonico, ovvero il rapporto uno-molti, idea-molteplicità. Come si istituisce questo insolito nesso è chiarito già dalle prime pagine, in primo luogo grazie a una citazione presa dal neuropsichiatra E. Straus: «In musica si fa precedere il tema, e poi seguono le variazioni. Noi, però, non ci troviamo in una condizione così fortunata. Non possiamo esprimere il tema in se stesso in modo immediato, lo possiamo rappresentare solo per mezzo delle variazioni; attraverso di esse bisogna indovinare il tema». A chiudere il cerchio, inquadrando la musica e il rapporto uno-molti nel concetto di amore è una frase dell’autore di rara chiarezza e icasticità: «Per cercare di trovare il senso delle nostre esperienze d’amore, non dobbiamo dunque isolarle l’una dall’altra e concentrarci su ciascuna di esse. Occorre invece considerarle altrettante variazioni attraverso le quali cogliere il tema che le collega tra loro e che fa quindi da legge alla serie dei nostri amori».
Soffermandosi sugli amori proustiani, Carbone si chiede dunque da dove venga il tema, o l’archetipo, dei nostri amori. La prima risposta arriva da Freud e riguarda l’originaria attrazione infantile edipica. Ma già Deleuze aveva intravisto la parzialità di questa soluzione, ritenendo che le nostre esperienze amorose si riallacciano ad altre esperienze già fatte da altri, cioè ad un eredità trascendente e trans-soggettiva: «l’esperienza amorosa dell’intera umanità». A queste considerazioni l’autore connette la nozione di “istituzione” che Merleau-Ponty aveva elaborato contro le considerazioni sartriane sull’amore de “L’essere e il nulla”. Sartre era convinto che nell’amore l’abbandono all’altro manifesti l’esigenza di darsi un fondamento, di «sentirsi giustificati d’esistere»: il desiderio di possesso dell’altro e il “noi” degli innamorati sono pie illusioni, e nessuno dei due si riconosce veramente, ma ognuno agisce per il proprio completamento. Merleau-Ponty non discute la verità di queste affermazioni, ma la loro insufficienza. Oggetto di critica è il paradigma soggettivistico entro cui si tematizza l’amore per Sartre: in altri termini, Merleau-Ponty vuole istituire un «tra i due» assimilabile a ciò che ne Il visibile e l’invisibile, chiamava “idea sensibile”, essenza analoga alle ”idee dell’arte” e antitetica alle “idee dell’intelligenza”. Questo comporta che, nell’amore per una persona, «non è soltanto lei, né il suo corpo, bensì quell’idea stessa che si desidera possedere. O da cui, magari insieme a tale persona, ci si sente posseduti». Ed è in virtù di questo esser posseduti che Merleau-Ponty qualifica tali idee come “negatività o assenza circoscritta”. Cosa sono le idee negative? Sono quelle idee che «non si lasciano come le altre staccare dalle apparenze sensibili[…] sono là, dietro i suoni o fra di essi, dietro le luci o fra di esse, riconoscibili dal loro modo sempre particolare, sempre unico, di ritrarsi dietro quelli». Sono i temi musicali che «si trovano nelle variazioni, nel duplice senso di tale espressione», punti focali virtuali, matrici simboliche che fondano ontologicamente la storia personale attraverso la contingenza, dandole senso. Sono l’elemento segreto e persistente, il fondamento continuamente fondante, l’originario in perenne esplosione.
AMORE E MUSICA. TEMA E VARIAZIONI
di Mauro Carbone
edito da Mimesis, collana Minima/Volti, Milano-Udine 2011
foto Gustav Klimt, Il bacio, 1907-08, Osterreichische Galerie Belvedere, Vienna.