Non si va molto indietro nel tempo: sono gli anni ’80, quelli del riflusso e della televisione commerciale. Il 1980, esattamente: il 2 agosto sarà il giorno della Strage di Bologna. E l’11 giugno 1980 viene colpito a morte Giuseppe Valarioti.
Ma nel 1980 non c’è riflusso per Giuseppe Valarioti: c’è la politica.
La sera del 10 giugno il P.C.I. di Rosarno festeggia il successo alle elezioni amministrative, e il Segretario Valarioti festeggia con i compagni il risultato di tante fatiche.
La politica di Valarioti è impegno quotidiano, un argine che cerca di imporsi contro un potere tanto forte quanto violento e troppo spesso volutamente ignorato.
É giugno, nella Calabria del 1980, e già da qualche anno la ‘ndrangheta ha iniziato a estendere le sue infiltrazioni nel mondo delle istituzioni, cercando contatti col potere, quello marcio, quello della politica che si svende ed è svenduta. Non è questa la politica che fa Valarioti.
Giuseppe Valarioti è un insegnante ed è anche un contadino, anzi, probabilmente è un insegnante proprio perché è un contadino, perché sente che “l’intellettuale da solo non è nulla”. La politica di Valarioti si oppone alla ‘ndrangheta, al suo razziare le speranze della gente della Piana, dei giovani rosarnesi; egli si fa sentire, oltre che in consiglio comunale, anche nel suo partito, nel mondo delle cooperative agricole, a esso collegato e nella vita di tutto il paese. Dovunque ci siano possibilità e volontà, per la ‘ndrangheta, di sottrarre il presente alla Calabria, Valarioti cerca di opporsi. Lo fa anche tra i suoi, dove “ci sono troppi compagni distratti, troppo”. Sono gli anni di Enrico Berlinguer, dell’austerità e della questione morale. Anche per Valarioti bisogna avere le “mani pulite”, più pulite degli altri.
É facile vantare l’opposizione alle mafie dall’esterno, quando non si è minacciati, quando non si conosce la paura. Ma Giuseppe Valarioti le aveva intorno e sapeva cosa rischiava.
La sua scelta è una scelta che è politic e al contempo civile. Ha una famiglia, che sacrificandosi gli ha permesso di studiare. Ci sono gli appena trent’anni di vita vissuta e una fidanzata cui essere legati.
L’amore per la politica, per gli altri, sconosciuti, non toglie spazio a quello per i singoli: curare la propria vita privata non significa rifluire nell’angusto spazio dell’egoismo, ma curare anche ciò che ci circonda, affinché ogni cosa possa crescere meglio, da un ambiente più sano.
Non apre al riflusso, il 1980 di Peppe Valarioti. É piuttosto la conferma di una scelta, un impegno da mantenere, con tutti: Rosarno, la Calabria, l’amore, la vita, se stessi. E quei due colpi di lupara non possono cancellare una scelta, così come non può farlo un processo inconcludente.
Il volume di Danilo Chirico e Alessio Magro, “Il caso Valarioti”, racconta la vicenda complessa e amara di questo giovane uomo, vicenda in cui violenza, tradimenti e corruzione si scontrano con l’onestà e la dirittura morale di quegli Uomini, politici nel più vero senso del termine, che con le loro scelte private tentano costantemente di generare uno spazio pubblico migliore.
IL CASO VALARIOTI
Autori Danilo Chirico, Alessio Magro
Casa editrice Round Robin Editrice, 2010, Roma
Fotografia di Carmela Ferro