L’argomento affrontato dall’attore e attivista sociale -è proprio il caso di dirlo- Ulderico Pesce è qualcosa che sicuramente tocca e fa riflettere. Si parla di amianto, della natura di questo minerale, di quanto sia nocivo e di quanto lo Stato italiano abbia sottovalutato, negli anni, la sua pericolosità. Come in Fiato sul Collo, anche questa volta si parla di operai sfruttati e umanamente svalutati: quelli dell’ILVA e della BREDA. In particolare, si tratta delle loro condizioni di lavoro, del fatto che erano costretti a maneggiare e a respirare amianto dalla mattina alla sera, con l’implicita consapevolezza di dover morire di tumore polmonare. Ciò che vuole trasmettere Pesce, però, non è soltanto la denuncia delle condizioni lavorative degli operai, quanto la rappresentazione delle loro vite, quelle dei loro familiari, condizionate da quell’amianto che non si trova soltanto nelle fabbriche, ma in moltissimi altri ambienti, frequentati anche da bambini. Si pensi ai tetti in eternit; si pensi alle divise dei vigili del fuoco, ignifughe, d’amianto o al retro dei phon; si pensi anche ai sipari teatrali, i cosiddetti tagliafuoco. Ed è proprio da lì che si parte: da un teatro, da La Scala di Milano e dal suo siparista, morto di tumore polmonare perché, per oltre vent’anni, ha maneggiato questa sostanza inconsapevolmente. Ed è lì che si finisce, passando per tutta l’Italia smaltata d’amianto, passando per Roma, per il suo velodromo all’EUR, fatto esplodere nel 2008, sprigionando nell’aria miliardi di particelle di quel minerale tanto utile quanto nocivo. Si passa per storie struggenti, per storie d’amore, che Pesce recita bene, ma che forse appesantisce per via della sua ripetitività quasi ossessiva.
A volte la comunicabilità è legata più all’essere diretti che indiretti, e questo si realizza sicuramente nel momento in cui le proiezioni a fondo stage prendono vita; si tratta di riprese fatte dallo stesso Pesce. Oltretutto l’argomento, già impegnativo di per sé e solo a tratti alleggerito da una comicità ricercata, ma a volte inserita forzatamente, viene raccontato con un ritmo faticoso da seguire, che fa perdere l’attenzione sul problema, non troppo adatto ad uno spettacolo di oltre due ore.
Nei minuti successivi al finale, poi, Pesce fa propaganda delle sue azioni sociali, compiute e da compiere.
In un attimo di enfasi teatrale, dove la recitazione prende voce, in crescendo, Pesce urla e dichiara apertamente, parlando del velodromo dell’EUR, che per i frivoli romani è più importante conoscere i risultati delle partite di calcio piuttosto che provare interesse per l’aria che ingoiano, che la gente se ne frega. Beh, lì ci si emoziona e si vorrebbe urlare insieme a lui. Proprio in quest’attimo, lo spettacolo è tale.
A COME AMIANTO
di e con Ulderico Pesce
Dall’ 8 al 13 novembre 2011 – Teatro Ambra alla Garbatella, Roma