Il 30 aprile 2013 ha debuttato al Teatro Vascello di Roma, dove sarà in scena fino al 12 maggio, L’Arma, testo scritto da Duccio Camerini, portato in scena da Aureliano Amadei. Il testo finalista al 50° Premio Riccione per il Teatro con il titolo originale How Long is Now.
L’arma – How long i s now
Drammaturgia: Duccio Camerini
Regia: Aureliano Amadei
Con: Giorgio Colangeli, Andrea Bosca e Mariachiara Di Mitri
Scenografia: Tommaso Garavini e Fabiana Di Marco
Costumi: Daniela Ciancio
Disegno luci: Vittorio Omodei Zorini
Dal 30 aprile al 12 maggio – Teatro Vascello, Roma
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Quali possono essere le differenze cruciali tra uno spettacolo teatrale e un progetto cinematografico? Possono esistere delle contaminazioni; esistono dei casi in cui i due media, antagonisti per antonomasia, possono focalizzarsi su degli aspetti specifici per ricavarne un lavoro ancor più completo e approfondito: la profondità, la centralità e la sperimentazione dell’attore.
Lo spettacolo L’Arma, che ha debuttato in prima nazionale al Teatro Vascello, è un vero e proprio montaggio di primi piani sui protagonisti che, letteralmente, si spostano nello spazio, attraverso una scenografia essenziale e allo stesso tempo sontuosa, che senza dubbio assume il ruolo di ulteriore personaggio all’interno dello spettacolo. Ma i personaggi si muovono anche nel tempo, e lo spostamento frequente da una parte all’altra del palco tende a sottolineare lo scorrere del tempo per ognuno di loro, e la conseguente fatica nel rivivere le vicende raccontate. Una scenografia composta da una grande piattaforma su più ruote, che assume le sembianze a volte di un rifugio in cui nascondersi dal mondo e a volte di un luogo in cui affermare la propria voglia di distinzione.
La storia è semplice tanto quanto violenta e toccante: attraverso i monologhi incrociati dei tre personaggi, scopriamo un uomo, interpretato dall’ormai indubbio talento di Giorgio Colangeli, casualmente protagonista del rapimento di una neonata, che decide di andare a vivere in una baracca isolata sulle montagne per costruirsi una nuova esistenza insieme alla piccola. Il figlio – il sempre più bravo e convincente Andrea Bosca – abbandonato al tempo della fuga del padre, decide di andare a cercarlo, ma riuscirà a scoprirne il nascondiglio troppo tardi per poterlo riabbracciare; incontrerà tuttavia la bambina senza nome, anch’essa figlia dello stesso padre. La bambina, la bravissima Mariachiara Di Mitri, ormai cresciuta, non ha mai conosciuto le leggi del vivere, ma ha imparato solo i precetti ossessivi che le ha lasciato il padre per difendersi dall’aggressività di quel mondo da cui lui era scappato. Si allontanerà dunque verso il mondo, diventando una piccola donna e trasformandosi tra violenza e sentimento in un’arma per vittime e carnefici.
Ognuno dei tre personaggi compie dunque un viaggio nelle proprie illusioni, attraverso monologhi interiori che impediscono il dialogo, mostrandoci esclusivamente un punto di vista privato.
Tre tempi differenti, dunque, che fluttuano nello spazio scenico, all’interno del quale i fatti vengono rievocati in un collage di ricordi, testimonianze e racconti. La toccante drammaturgia sa emozionare profondamente, con l’aiuto di tre attori di notevole talento. Una menzione speciale per la quindicenne Mariachiara Di Mitri, qui al suo esordio, che riesce a sostenere la scena e il ritmo mostrando grandi potenzialità.
Infine, l’esigenza dei primi piani sui tre personaggi deriva anche dalla duplice natura del progetto, contemporaneamente teatrale e cinematografico. Al termine della messinscena infatti, lo stesso cast sarà impegnato nell’adattamento cinematografico del testo.
1 commento
Interessante l’accostamento tra cinema e teatro, in particolar modo per questo spettacolo che anche io ho avuto modo apprezzare (non sapevo tra l’altro che sarà realizzato anche un film!). Complimenti per la recensione.