Arturo Ghergo, nato nel 1901 a Montefano, in provincia di Macerata, è sicuramente uno dei rappresentanti più noti ed emblematici nel campo dell’arte fotografica, così come si stava sviluppando a partire dagli anni ’30 fino agli anni ’60.
Nel primissimo impatto con le sue foto, indipendentemente dall’oggetto rappresentato, è evidente riscontrare quella che, nell’immaginario collettivo, è la fotografia di “studio”, ovvero un’arte fotografica che non mira alla rappresentazione reale e demistificante di soggetti colti nella loro crudezza e imperfezione più vera, ma una fotografia che, nell’artificio fotografico in fieri o nella manipolazione posteriore e diretta della pellicola, cela o elimina ciò che è “difettoso” depurando il soggetto da ogni umana imperfezione. Il ritratto fotografico diviene così espressione di perfezione e bellezza, fascino ed eleganza: inquadrature prevalentemente in primo piano, giochi di ombre e di luci, rendono i soggetti fotografati, soprattutto donne, semplicemente belle, oggetto di desiderio, di ammirazione e, quindi, ipnoticamente, punto focale di totale ed esclusiva attenzione.
Le famiglie aristocratiche dell’epoca si lasciano ritrarre nella loro elegante compostezza: bambini e piccole donne, rampolli di rinomate famiglie dell’alta borghesia, posano nel lusso delle loro vesti, traducendo, attraverso la rappresentazione statica e perfetta di Ghergo, il noioso e frustrante rigore aristocratico-borghese nell’immagine perfetta di sé, icona di potere e prestigio. Ogni scatto di Ghergo non è più solo immagine ma emblema di ciò che è più comunemente desiderabile: bellezza, successo, ricchezza e potere. In consonante allusione con la nota “poetica del bel gesto”, quella di Arturo Ghergo è una fotografia del “bello scatto”, un atto estetico che, così come l’industria della moda nascente in quegli anni, vuole esaltare il soggetto, nel suo massimo splendore, mediante l’atto del vestimento-celante che aggiunge – o sottrae – alla stessa naturalità del soggetto – manipolandola – un “tocco di classe”: l’arte di Ghergo si va così definendo come una Glamour Photography. I divi del cinema e della moda, personaggi della cultura e dell’alta società affidano a Ghergo la propria immagine da esaltare mediante un’arte che (RI)scatta ogni immagine nell’elaborazione perfetta e sublimata di sé.
Fra i numerosi personaggi del Novecento che posarono per Ghergo si possono ricordare: Maria Felix (Messaline), Papa Pio XII, Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, l’Aga Khan, Pietro Badoglio, Sophia Loren, Ingrid Bergman, Gina Lollobrigida, Vittorio Gassman e Amedeo Nazzari.
L’esposizione, inoltre, offre la visione inedita della produzione pittorica di Ghergo che, ispirandosi ai movimenti artistici del futurismo e del cubismo, ha influenzato profondamente la sua esclusiva arte fotografica. Così come il movimento cubista, osservando il soggetto/oggetto nelle sue dimensioni spazio-temporali, proponeva una elaborazione scientifica dei corpi calati in un mondo geometricamente fondato, allo stesso modo Arturo Ghergo fa dei suoi quadri la rappresentazione estetica di un oggetto/soggetto – dal volto al particolare delle mani- osservato – cubisticamente parlando – contemporaneamente da angolazioni o, meglio, “inquadrature”differenti.
Il Palazzo delle Esposizioni ospita duecentocinquanta fotografie e otto dipinti di Arturo Ghergo stimolando la curiosità più “frivola” verso quei personaggi che hanno segnato la storia mondiale in diversi ambiti culturali – da Giulio Andreotti, Papa Pio XII, ai fratelli Bulgari – e che si mostrano sotto la luce dei riflettori, quelli fotografici, che fanno di ogni scatto una “foto da copertina” di cui, ognuno di noi, vezzosamente, avrebbe voluto avere almeno un esemplare che rappresentasse se stesso sul tavolo del proprio salotto.
ARTURO GHERGO. FOTOGRAFIE 1930-1959
Palazzo delle Esposizioni, 3 aprile – 8 luglio 2012,
a cura di Claudio Domini e Cristina Ghergo,
foto Rossana Martini, prima Miss Italia, © Archivio Ghergo.
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