Ti regalo la mia morte, Veronika
tratto dal film “Veronika Voss” di Rainer Werner Fassbinder
regia Antonio Latella
traduzione e adattamento di Antonio Latella e Federico Bellini
con Monica Piseddu e Valentina Acca, Massimo Arbarello, Fabio Bellitti, Caterina Carpio, Sebastiano Di Bella, Estelle Franco, Nicole Kehrberger, Fabio Pasquini, Annibale Pavone, Maurizio Rippa
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
musiche Franco Visioli
luci Simone de Angelis
ombre alTREtracce
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione nell’ambito di Progetto Prosperodal 2 al 14 febbraio 2016 – Teatro Argentina, Roma
Ti regalo la mia morte, Veronika si apre con una figura femminile che ci chiede aiuto. Cammina nervosamente. Alle sue spalle, una fila di poltrone di un vecchio cinema viene occupata da degli scimmioni bianchi. Dietro di loro, sullo sfondo, un telo dove verranno proiettate ombre e immagini. In proscenio un carrello, su cui scorrerà una macchina da presa per tutto lo spettacolo.
Il nuovo lavoro di Antonio Latella prende le mosse da Veronika Voss di Rainer Werner Fassbinder , una star cinematografica degli anni Trenta caduta in disgrazia dopo la caduta hitleriana. Le ombre sullo sfondo sono quelle del regista cinematografico e quella di Sybille Schmitz, attrice ispiratrice.
La scena è articolata su diversi piani narrativi e la storia è scandita dal coro di scimmioni che, lentamente, si sveste fino a scoprire le figure femminili di cui è costituito.
Già in altri spettacoli di Antonio Latella abbiamo avuto modo di vedere e apprezzare la sua capacità allucinatoria. Capacità ancor più evidente se si pensa a quando ha lavorato su una materia cinematografica che è, per sua definizione, densa di fantasmi e proiezioni. Già con Le lacrime amare di Petra Von Kant, sempre da Fassbinder, aveva messo in scena un mondo di sconfitti con chiari echi cechoviani. In Ti regalo la mia morte, Veronika questa suggestione è dichiarata apertamente con un finale plateale: un enorme ciliegio scende sui protagonisti, vinti, seduti immobili ai piedi dell’albero. E forse il punto è proprio qui. L’impianto scenico è chiaro e leggibile, scopre una freddezza generale con la quale non si può non fare i conti. Questa volta la lucidità registica non lascia spazio a quelle derive improvvise alle quali Latella ci aveva abituati e con le quali ci ha sempre affascinati.