LE TROIANE: EURIPIDE RIVISITATO DA TOM LANOYE

0

regia Konstanze Lauterbach

costumi Karen Simon, Konstanze Lauterbach

musiche Achim Giester

drammaturgia Bettina Schültke

scenografia Michael Takacs

con Anette Straube, Elke Wieditz, Caroline Dietrich, Jeanne Devos, Rosemarie Deibel, Thomas Bϋchel, Rahel Weiss, Ute Springer

Premiere 17 Maggio, 27 Maggio 2012 ore 19:00, e 27 Giugno 2012 ore 19:30,

Großes Haus del Teatro Nazionale di Weimar

Si vedono le fiamme all’orizzonte, i corpi dei soldati morti sono senza sepoltura, le madri e  le mogli di Troia che piangono i loro cari senza poterli seppellire: sono caduti valorosamente per difendere la loro patria. Gli Achei sono alle porte, la città è ormai caduta.

L’inizio della sfarzosa riduzione di Tom Lanoye del dramma euripideo Le Troiane ha una forte caricatura epica, che è dovuta non soltanto al tema affrontato ma anche alla qualità dei dialoghi e soprattutto all’intensità con cui gli attori danno vita a questa tragedia senza tempo.  Si è direttamente lanciati in medias res, quando ormai l’epica battaglia tra gli Achei e i Troiani è giunta al termine e le donne del mito, essendo stati sconfitti i loro mariti attendono di essere consegnate nelle mani dei vincitori.

Andromaca moglie dell’impavido Ettore, è consegnata in schiavitù a Neottolemo; Agamennone, unico personaggio maschile presente in questa riduzione prenderà in moglie Cassandra, Ecuba presterà il suo servizio ad Odisseo, Clitennestra, moglie di Agamennone, sarà ripudiata con Cassandra: a lei, interpretata da una meravigliosa Anette Straube, il regista affida l’apertura della tragedia con un lungo monologo sul senso della solitudine e del mutevole fato che fa vincere e allo stesso tempo perdere.  Elena che dopo esser fuggita con Paride, in questa riduzione ritorna a Troia, per riscattare la vita del piccolo Astianatte, offrendo ad Agamennone il proprio corpo.

Gli attori, di sconfinata bravura, danno corpo alla potente tragedia che pervade tutto lo spettacolo dall’inizio alla fine; essa è un inno, come ben intendeva Euripide, all’antimilitarismo, ma soprattutto alla donna, alle immense figure del mito, alle quali si apre l’unica prospettiva di trascorrere il resto della loro vita in schiavitù. Eppure c’è un grandissimo desiderio di libertà che prende corpo attraverso tutta l’opera, proprio mediante la schiavitù.

Il regista insiste per tutta l’opera nel far interagire i personaggi con oggetti dello scenario, tra cui sabbia, e terreno, per riuscire a comunicare un senso di profonda corporeità tra finzione scenica e mondo reale. Libertà da ricercare con le proprie mani, mettendo sempre in gioco sé stessi, con il proprio corpo che deve vivere tutto sulla propria pelle per poter comprendere, per poter guadagnare un sorso di eternità.

  

Print Friendly, PDF & Email
condividi:
   Send article as PDF   

Autore

Avatar

Lascia un Commento

Continuando ad utilizzare il sito, l'utente accetta l'uso di cookie. Più info

Le impostazioni dei cookie su questo sito sono impostati su "consenti cookies" per offrirti la migliore esperienza possibile di navigazione. Se si continua a utilizzare questo sito web senza cambiare le impostazioni dei cookie o si fa clic su "Accetto" di seguito, allora si acconsente a questo.

Chiudi