Interno 3 ragiona sulla crisi del nostro presente attraverso tre atti unici in cui il teatro incontra gli altri linguaggi: arti visive, cinema e poesia. In scena al Teatro Vascello dal 23 novembre al 2 dicembre.
Interno 3 con: Nicoletta Braschi, Enrico Ianniello, Tony Laudadio regia: Francesco Saponaro suono: Daghi Rondanini disegno luci: Pasquale Mari scene e costumi: Lino Fioritodal 23 novembre al 2 dicembre 2012 – “dal” Teatro Vascello, Roma
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Interno 3 parte con un’intuizione: dal Teatro Vascello ci porta in un interno riscaldato e accogliente, volutamente e apparentemente lontano dal mondo esterno. In scena si susseguono tre atti unici, ognuno dei quali è parte di un percorso nato con l’intento di approfondire il rapporto tra il teatro e gli altri linguaggi: le arti visive, il cinema, la poesia.
Di conseguenza ogni atto unico è affidato a un drammaturgo con un background diverso. Uno sceneggiatore, Massimiliano Virgilio, per Dimensione affettiva di King Kong. Una poetessa, Antonella Anedda, per A Lunar Woman. Uno storico dell’arte, Igor Esposito, per Ritratto di coniugi con festa.
Lo spettacolo, nelle sue tre declinazioni, si sofferma diversamente sulla crisi del modello borghese, sulle contraddizioni interne che minano un equilibrio apparente. L’operazione è sicuramente interessante perché parte con il chiaro intento di dare vita a una creazione drammaturgica in itinere, come si può leggere nelle note di regia. Purtroppo, però, il risultato finale sconta un po’ di rigidità. Se questo può non pesare in A Lunar Woman dove tutto è affidato alla suggestione evocativa della poesia contemporanea, alle immagini e ai suoni e possiamo perderci nel percorso introspettivo della donna della luna, diventa, invece, insostenibile in Dimensione affettiva di King Kong. Qui manca quello che l’idea originale, osservare i turbamenti del gorilla King Kong alle prese con i suoi affari di produttore e con i suoi sentimenti per l’attrice Fay Wray, avrebbe preteso. La necessaria rottura degli schemi resta, invece, inespressa e imbrigliata in un testo macchinoso, sapientemente farcito di rimandi al cinema americano degli anni quaranta, ma che non emoziona nonostante affronti uno dei dilemmi più angoscianti dell’animo umano: lo scontro tra gelosia e bisogno di essere amati, troppo semplicisticamente rappresentati come scontro tra animalità e umanità.
Chiude il trittico Ritratto di coniugi con festa, probabilmente l’atto unico più riuscito, dove la rimasticazione ossessiva che la protagonista fa dei grandi capolavori della storia dell’arte racconta con ironia la tragica e attuale incapacità di aderire al nostro presente.