LEWIS TAYLOR: Stoned

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STONED

Artista: Lewis Taylor
Album: Stoned
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2005
Etichetta: Slow Reality/Hacktone/Shout!
Distribuzione: Sony BMG Music Entertainament 

(*) Stoned pt.1 è stato pubblicato il 25 Maggio 2004 mentre Stoned pt.2 il 31 Gennaio 2004

Info (English)

The Guardian Friday Review (English)

Intervista blog di undercoverblackman (English)

Sito Hacktone Records

Ascolta: Intervista & live show a Radio Sirus, New York

Ascolta: Robbie Williams – Lovelight

Ascolta: Ghosts

“You could say I’m Lewis Taylor’s biggest fan. Listen and discover something wonderful.” — Sir Elton John

Lewis Taylor rappresenta uno dei misteri della musica contemporanea. Di lui non c’è nessuna traccia. Nessun sito ufficiale, pochissime interviste, qualche foto, qualche recensione estremamente entusiasta, ma soprattutto la notizia del suo definitivo ritiro nel 2005. Prima è collaboratore, negli anni ’80, della Eward Broughton Band, un gruppo prog-rock inglese. Decide di diventare solista nella prima metà degli anni ’90 con il nome Sheriff Jack, poi passa alla Island Records che però lo scarica appena dopo due album. Non fa il botto commerciale, ma forma un ristretto gruppo di fan sfegatati. Non è frutto di leggende, che personaggi come David Bowie, Aaliyah, Paul Weller, ed infine Elton John, siano stati suoi ferventi ammiratori. Si dice che l’ex produttore di Marvin Gaye abbia pianto ascoltando il suo primo lavoro in studio.

Nel 2001, ormai abbandonato dalla Island, Lewis Taylor decide di creare una sua etichetta, produce e pubblica il suo materiale in autonomia collaborando con Sabina Smyth. Ovviamente rimane sempre nell’ombra, tuttavia nel 2004, la Hacktone dalla California, cerca una collaborazione con successivo tour promozionale. Ripubblica negli Stati Uniti il materiale scartato dalla Island e soprattutto il suo capolavoro solista con degli inediti: Stoned pt.1 aggiungendo qualcosa di Stoned pt.2. Il tour parte con successo nella primavera 2006, ma poi, in pieno svolgimento, tutto si interrompe. Problemi alle corde vocali, si dice. Si ferma tutto, Lewis Taylor torna in Inghilterra e scompare.

Per capire la portata di Stoned basta sottolineare che Lewis Taylor non solo ha prodotto l’album: oltre alla parte tecnica, al mixing, e  al mastering, ha anche cantato, suonato e arrangiato tutte le parti strumentali, con una perizia strepitosa. La prima traccia, che dà il nome all’album, è la somma di questa abilità. Si percepisce la fantasia musicale, l’estro di poter osare mischiando la musica elettronica con il rock e il soul giocando con la psichedelia. Un compendio così profondamente legato alla scelta di non essere immediato, ha come risultato di spiazzare chiunque lo ascolti. Dopo un incipit decisamente enigmatico, infatti, si passa alle sonorità eteree progressive di Positevely beautiful, Lewis IV e Send me an angel, dove sorprendono le tessiture vocali e la forza dei passaggi dinamici.

I pezzi salgono come una scala, o meglio si strutturano in modo non sempre prevedibile, contorcendosi, quasi a voler superare lo standard commerciale/popolare di strofa e ritornello. Ogni brano ha una sua identità ben precisa senza che la coerenza nell’album venga meno. I suoni sono inusuali, presi singolarmente risultano freddi, ma poi insieme sono un cesello perfetto dove nulla viene lasciato all’improvvisazione. Lovelight ne è la prima sintesi, oscura nella sua intimità ma esplosiva nella sua interezza. Su una linea più melodica ci sono Shame e Til the mornin’ light, che viaggiano luminose come una giornata estiva. Allegria e groove acustico, nel mentre, la fanno da padrone in Lovin’ u more e Back Together. When will I ever learn pt.1 è orecchiabile non poco, ma potrebbe risultare troppo lenta. Però, basta ripescare il suo gemello accelerato From the day we met pt.2 (incluso in Stoned pt.1 e non presente nella versione americana) che si ha la comprensione di quanto coraggio e azzardo siano stati infusi nel processo creativo.

Il finale è tutto per la traccia nascosta Ghosts ma soprattutto Sheneverdid, quasi opposta come atmosfera al primo brano della raccolta. Nasce lentamente, cresce e si sviluppa con un identità schizofrenica. Prima sembra di avere a che fare con un pezzo rap, poi R&B, ed infine si converte in un soul psichedelico.

Casualmente, a novembre 2006, Lovelight riemerge di nuovo grazie a Robbie Williams, generando una piccola ondata di nostalgia tra i fans. Il pezzo ha avuto un buon riscontro sia in Europa che negli Stati Uniti, rendendo ancora più triste il destino di questo musicista, che appare fugacemente in veste di turnista sulla scena inglese. Molti commentatori, hanno giustamente reso omaggio al suo talento semplicemente prendendo atto che i tempi non fossero maturi e che forse un giorno, come già successo per altri, arriverà il meritato riconoscimento.

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Webmaster - Redattore Cinema

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