Regia Giuliano Montaldo
Soggetto e Sceneggiatura Giuliano Montaldo, Andrea Purgatori, Vera Pescarolo
Fotografia Arnaldo Catinari
Scenografia Francesco Frigeri
Costumi Elisabetta Montaldo
Montaggio Consuelo Cantucci
Musica Andrea Morricone
Cast Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Francesco Scianna, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini
Produzione Angelo Barbagallo (Ita)
Durata 94′
Grigio il vestito, grigiore nell’aria, grigie le decisioni. “L’Industriale” di Montaldo sembra essere un film monocromatico con immagini volutamente desaturate che fanno presagire, già dall’inizio, una sorta di non-fine della storia.
Nella Torino più attuale che si possa immaginare, dove la crisi economica colpisce tutti, si svolge la storia di Nicola – Pierfrancesco Favino – un imprenditore che cerca disperatamente dei fondi per non dichiarare fallita la piccola industria ereditata dal padre. Proprio la figura paterna, assieme ai sentimenti di impotenza e confusione, crea il filo conduttore che tiene insieme tutto il film. Nicola non vuole lasciare che la fabbrica chiuda perché sarebbe una sconfitta personale, ma soprattutto una disfatta nei confronti del padre ed è proprio a lui, tramite una vecchia foto, che l’industriale dedica uno dei pochi sorrisi di tutto il film nel momento di -quasi- successo.
I personaggi creati dal regista Giuliano Montaldo sono turbati, quasi tutti con una sorta di doppia personalità e pronti alla menzogna, che sia questa a fin di bene o meno. Basta un piccolo dettaglio a farci capire che lo spaccato di vita raccontato in questi minuti gira attorno alle bugie: il quadro di un moderno Pinocchio appeso nella camera da letto dei due coniugi protagonisti viene inquadrato più volte quasi fosse un avvertimento. Mente il “marito-imprenditore-inseguitore” Nicola, mente la moglie Laura – Carolina Crescentini –; mente l’avvocato Ferrero – Francesco Scianna –, mente la migliore amica di Laura, Marcella – Elena di Ciocco –: mentono tutti.
In un mondo dove contano solo i soldi la doppia tragedia lavorativa e personale del protagonista si risolve in una mera ricerca di denaro. Nicola cerca soldi per risanare i debiti della sua industria e si fa prestare dei soldi per cacciare il presunto amante della moglie dalla città. Il tutto senza scrupoli eccessivi mentre il reale turbamento, più interiore ed emotivo, lo si percepisce solo nei confronti della compagna: lei che lo tradisce con un parcheggiatore rumeno, esattamente l’opposto del marito sia a livello di estrazione sociale, sia di impatto fisico e sentimentale.
La storia è chiara: il regista porta sul grande schermo quelle vicende che tutti sentiamo ai telegiornali o leggiamo sui quotidiani in maniera più o meno frettolosa. È un film che ci costringe a fermarci per più di un’ora a sbirciare nella vita di chi la crisi la vive come capo di un’industria e che spesso si sente solo e realmente impotente nei confronti dei suoi dipendenti e della sua famiglia. Forse si poteva fare di più, non scivolare così tanto nella vicenda del tradimento personale e intimo dei due coniugi e rimanere ancorati alle peripezie dell’industriale per sanare i conti, ma forse si sarebbe caduti nel banale e, in qualche modo, nel già visto.
Restano così dei frammenti di vite agitati e scossi dagli accadimenti economici e politici degli ultimi anni. Fra tutti spicca la figura della moglie dell’industriale che si muove nell’ombra per aiutare e sostenere il marito. Spera di essere vista, di essere nuovamente notata e presa in considerazione, ma Nicola è troppo preso da sé stesso e dal suo primeggiare facendo i conti con la sua croce che è anche la sua virtù: la tenacia. Proprio questa sua caparbietà nell’ottenere ciò che vuole lo porterà a sbagliare, a compiere degli errori e a non sapere cosa scegliere. Bianco o nero, o con me o senza di me. L’industriale sceglie il grigio e rimane fermo.
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