Il giorno 18 maggio, il collettivo artistico LISA (Libere Iniziative Spettacolari Azzardate), coadiuvato dagli scrittori di The Collyers e dalla grafica del laboratorio Lostudiodorme ,mette in scena Recipes to become … a suicide legend, terza azione teatrale del mese presso gli spazi di The HUB Roma. Attori, scrittori e grafici costruiscono una provocante atmosfera da clinica degli orrori dove chiunque può scoprire la propria particolare predisposizione al suicidio.
Recipes to become … a suicide legend
Regia: Virginia Franchi
Interpreti: Giada Baiamonte, Mirko Bruno, Carlotta Micol De Palma, Arcangelo Zagaria
Progetto a cura di Lostudiodorme e The Collyers
In collaborazione con LISA
Performance & Installazioni: Mirko Dettori, Andrea De Cesare e The Babbionz
18 maggio 2013 – The HUB, Roma
Varcate le porte di The HUB Roma, eccoci subito gettati in una clinica degli orrori, dove alle pareti, di un verde asettico, invece delle solite rassicuranti e colorite gigantografie, sono affisse le rivisitazioni satiriche dei suicidi più celebri della storia dell’uomo. C’è il modello grunge, con fantasie a quadri anni novanta: un colpo di arma da fuoco in tenuta di campagna, subitaneo e indolore. C’è il modello anarco-insurrezionalista, nato dagli studi di aerodinamica dei ruggenti anni ’60: un volo dal quarto piano della questura con atterraggio spettacolare e giornalistico. Infine, il modello Monroe: una semplice overdose da sonniferi, sempre elegante e dal retrogusto di leggenda. L’importante, se il tono su tono annoia, è essere creativi!
Se dopo aver ricevuto il pratico kit, comprensivo di barbiturici in eccesso e lettera d’addio prestampata, il sintomo persiste, è meglio consultare un medico. Al consulto individuale si accede ben presto accompagnati da gentilissimi infermieri in tenuta verde. Seduti dietro un serioso bancone, quattro attori in camice bianchissimo giocano i ruoli dell’annoiato disilluso, dell’idealista esaltato, della procace crocerossina e dell’occhialuta condiscendente; le caratterizzate maschere che setacciano la nostra psiche da futuri artisti della lametta, paradossali – non così tanto – nello spacciare le più adatte soluzioni finali. Per i casi più problematici, a ogni modo, lo studio del primario d’estrazione freudiana è sempre aperto.
In questa terza azione teatrale, la precisa scelta stilistica di uno spazio scenico interattivo rivela la filosofia del colletivo LISA. Il luogo è ambientazione di uno scambio tra attore e spettatore, sinergico nel tessere lo spettacolo stesso e arricchente per i partecipanti che sanno stare al gioco senza timore di sé, nella vulnerabilità del momento analitico. La recitazione si evolve in modo consapevole, nel suo essere prettamente a soggetto, grazie al contributo delle due parti prese nel fuoco del paradossale consulto.
Il paradosso è curativo, però, giacché prende di mira, con il tiro basso del grottesco, un momento storico nel quale si ripropone questa soluzione al male di vivere e un universo medico spesso disumano e controproducente, se non totalmente deviato. Ma la lente chirurgica pende sulle nostre teste. E noi, rapidamente abituati alla possibile evenienza di farla finita per sempre, rivolgiamo una rapida e silente analisi verso il muro che separa noi dall’estremo atto. Essa resiste, certo, ma non si riconosce nelle ironiche sottigliezze con le quali liquidiamo le esperienze negative. Ci preserva in profondità, invece, perché costruita con i mattoni, spesso lasciati razionalmente in ombra, dei nostri particolari progetti di vita.