Violento, scorretto, cinico, sporco e cattivo. Ogni volta che Rob Zombie torna al cinema è un evento per ogni appassionato dell’horror. Il cinema Aquila proietta l’ultima inquietante fatica del regista americano.
The Lords Of Salem (o.t.), di Rob Zombie, Usa 2012, 101′
nelle sale cinematografiche dal 24 aprile 2013
Sceneggiatura: Rob Zombie
Soggetto: Rob Zombie
Montaggio: Glenn Garland
Fotografia: Brandon Trost
Musiche: John 5, Griffin Boirce
Produzione: Rob Zombie, Jason Blum, Andy Gould, Oren Peli, Steven Schneider
Distribuzione: Notorious Pictures
Interpreti: Sheri Moon Zombie (Heidi Hawthorne), Bruce Davison (Francis Matthias), Jeff Daniel Phillips (Herman Whitey Salvador), Judy Geeson (Lacy Doyle), Ken Foree (Herman Jackson), Patricia Quinn (Megan), Dee Wallace (Sonny), Meg Foster (Margaret Morgan), Maria Conchita Alonso (Alice Matthias), Richard Fancy (AJ Kennedy), Andrew Prine (Reverendo Jonathan Hawthorne)
Era tanta l’attesa costruita intorno all’ultimo film di Rob Zombie. La rockstar improvvisatasi regista ha dimostrato negli ultimi anni di non aver nulla da invidiare, ma tutto da mostrare a un mercato che fa fatica a contenere la sua esuberante creatività. Zombie è un regista ben conscio dei suoi mezzi che sa firmare delle opere estremamente personali, capaci di rielaborare efficacemente le situazioni più classiche non scevre di una cattiveria di fondo che rende i suoi prodotti spesso gutturali, sporchi e malsani. Un horror di forma che prende a piene mani da un immaginario visivo ben delineato finendo col trovare un difficile equilibrio tra un’estetica da orpello halloweeniano e un anima più seria, psicologica che affonda le sue radici nel gusto tetro della malvagità umana.
Heidi è una DJ che vive e lavora nella cittadina di Salem, famosa nell’immaginario collettivo per il famoso processo alle streghe avvenuto nel 1692. Uno strano vinile contente un’inquietante nenia risveglia in lei, e nelle altre donne di Salem, strani ricordi di un passato oscuro che finirà per sconvolgere la vita della donna e della città. Slegato dai vincoli produttivi del remake di Halloween, Rob Zombie firma la sua opera più personale e iconoclasta scegliendo di non scendere a nessun compromesso. Complice un minor budget ma una maggiore libertà creativa il risultato è un film atipico non per il genere, bensì per il gusto dello spettatore classico. Basta poco per rendersi conto che siamo di fronte a un prodotto fondamentalmente opposto alle precedenti opere di Zombie. I movimenti di macchina sono ridotti a zero, la fotografia è asettica e volutamente esasperata per dargli un tono da pellicola anni 70. Sheri Moon Zombie è la protagonista indiscussa di praticamente tutto il film che si muove su un impianto narrativo molto flebile e prevedibile. Eppure il tocco di Rob Zombie c’è e si intravede nei vari momenti a tratti sconclusionati se non deliranti fino al marasma visivo dell’ultima mezz’ora. Un videoclip esagitato ed esasperato che si scrolla di dosso ogni pretesa narrativa per diventare una piccola installazione di video-arte che trova il suo senso nel forte simbolismo citazionistico da cui Rob Zombie viene e con cui si nutre.
Lontano da qualsiasi grossa produzione e dall’aspetto volutamente rozzo, The Lords of Salem è quasi più vicino all’esperienza psicologica inquietante di Inland Empire piuttosto che al barocco spavento improvviso di The Mama. Un’opera talmente asciutta e personale da esulare il genere in favore di una chiave autoriale di cui Zombie ha ormai totalmente padronanza. Per sua stessa ammissione c’è a chi piacerà e chi lo troverà orribile senza mezze misure. Ma in un cinema sempre più timoroso e appiattito nei contenuti per la ricerca del consenso unanime, una scelta così coraggiosa non può che essere apprezzata ed estremamente condivisa.