L’OSCURO MONDO PARANOICO: DALI', IL GENIO DELIRANTE

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Neri, lunghi baffi piegati all’insù evocano e provocano: non solo connotano l’immagine di Dalì, ma ne costituiscono l’essenza, il di più che gli permette di vedere ciò che la moltitudine ignora.

Nel servizio fotografico di Halsman, l’artista in primo piano, nelle sue posizioni egocentriche, si presenta: i suoi baffi appaiono come l’ultima emanazione dell’inconscio, qualora volessimo immaginarlo materializzato, controllati e ordinati in apparenza, ma al contempo sbarazzini e creativi, quasi volessero alludere a qualcosa.

Siamo nell’universo daliniano, dove l’arte riferisce la realtà invisibile del mondo interiore dell’artista.

Profondo conoscitore dei grandi del passato e sincero amante del Rinascimento, il confronto risulta inevitabile: la riproposizione delle opere michelangiolesche è funzionale per indagare sul segreto dell’immortalità; l’ammirazione per Raffaello non è solo imitazione ma anche emulazione, tanto da poter considerare il pittore rinascimentale alter ego del genio catalano. Il suo Autoritrattorisulta speculare rispetto a quello raffaellesco: se ne riprendono aspetti fisionomici, e luminosità. Dalì confessa di aver aspettato che i suoi capelli crescessero per somigliare sempre più al suo mentore, l’arte del quale è stimata essere eterna.

Passato e presente si mescolano, l’uno ostacola l’altro in un susseguirsi di immagini, tratti, opere che si strutturano sulla tradizione se pur rivisitata in un presente avanguardistico.

Siamo in pieno surrealismo: “Il surrealismo sono io” esordisce Dalì nel momento dell’espulsione dal movimento ad opera di Breton. Egli continua a rappresentarlo, estremizzandolo fino ai limiti della decenza.

Inventa una tecnica di automatismo che definisce paranoico-critica: l’inconscio partorisce immagini, che nel venire alla luce si materializzano. L’arte implica la razionalizzazione del delirio: seppur le opere nascono da sogni, paranoie, manie, ricordi, il momento critico primeggia nel dare un volto all’inesistente, rendendo visibile unitariamente ciò che di per sé è frammentario e incoerente.

 

In Coppia con la testa piena di nuvole, un aneddoto infantile può spiegare l’arcano: il mondo è riflesso sulla carne nello stesso modo in cui da bambino un animale divorato dalle formiche rifletteva il cielo. Il contorno delle teste fa da cornice ad un’opera decisamente anticonvenzionale.

In Composizione surrealista con personaggi invisibili il tutto è molto più allusivo: L’uomo in carne e ossa è assente, ma c’è: si vede la sua forma, si percepisce il suo operato, si coglie la sua essenza nel letto e sulla poltrona sulla riva di una spiaggia selvaggia, in cui nulla sembra rievocare la specie umana.

Il talento artistico di Dalì non si esaurisce nell’ambito pittorico, ma invade tanto ambienti cinematografici e fotografici, quanto quelli televisivi. La brama di notorietà è indistruttibile: Gala, sua moglie, nonché amante e musa ispiratrice, è indispensabile in questa vita di successo e risonanza, come sostegno, stimolo, equilibrio per un uomo che, con il vezzo di assumere comportamenti stravaganti, contraddice la moderazione del viver stabilmente.

In ambito cinematografico collabora nel film Spellbound di Hitchcock, al quale occorrono scene oniriche che comunichino l’idea che un’esperienza repressa può scatenare una nevrosi.

Il suo impegno è incondizionato: la creatività iperbolica di questo artista, così originale e straordinario, ammalia lo spettatore che a fatica comprende il complesso mondo daliniano in cui non solo l’arte è fusa con la vita, ma il reale, il paranoico, l’onirico e il delirante finiscono indissolubilmente per unirsi, per rappresentare l’inafferrabile essenza di una personalità assolutamente anomala.

DALÌ. UN ARTISTA, UN GENIO

9 marzo – 1 luglio 2012, Complesso Monumentale del Vittoriano.

altre info Leggi l’articolo sulla conferenza stampa

 

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