La sensibilità non è cosa da molti. Il confronto con la dura quotidianità sfugge quasi sempre. Fortunatamente esistono videomaker che riescono a trasportare la realtà sullo schermo in un modo semplice, fruibile ai più. Fabio Tarantino lascia parlare i protagonisti, loro malgrado, di una delle più grandi catastrofi d’Italia: il terremoto de L’Aquila.
LOTTOGIUGNO, di Fabio Tarantino, Italia 2013, 10’ 11”
Sceneggiatura: Fabio Tarantino
Montaggio: Fabio Tarantino
Produzione: Sputnik Media
Aiuto regia: Antonio Diodato
Chi c’è stato a L’Aquila racconta di aver trovato una città distrutta talmente tanto da non poterla più ricostruire, almeno non nello stesso incontro tra longitudine e latitudine. L’Aquila non c’è più, non ci sarà più. Questo racconta la gente. Chi non c’è stato ovviamente non può rendersene conto, soprattutto se fa riferimento a telegiornali e quant’altro.
Fabio Tarantino e il suo Lottogiugno sono lo specchio sulla realtà delle cose.
Lottogiugno è il nome della manifestazione organizzata a L’Aquila, l’8 giugno appunto, per non dimenticare ciò che è successo, per continuare ad avvicinare l’opinione pubblica al centro storico (ormai inesistente strutturalmente ma non culturalmente) della cittadina abruzzese. LOTTO, prima persona singolare del verbo lottare. Perché lì ancora si lotta per mantenersi vivi mentalmente.
È commovente il modo in cui le immagini arrivano al pubblico, gli occhi si bagnano, siate pronti a questo. Tarantino è davvero bravo a scoprire la sensibilità nascosta in ognuno.
Pensieri di cartapesta ha il piacere di proiettare per la prima volta in assoluto il corto del videomaker romano, durante la festa per i due anni di attività svoltasi al Cinema Avvenire il 5 luglio scorso, e, nell’occasione, approfitta della presenza del regista per domandargli alcune cose.
Sarebbe inutile soltanto recensire qualcosa che deve essere visto per poter capire, come del resto bisogna andare a L’Aquila per stupirsi e arrabbiarsi di come vadano le cose.
Andrea Palazzi/ La cosa che colpisce nei tuoi video è la retrospettiva nascosta in ogni singolo fotogramma. E’ vero, ognuno può vederci ciò che vuole, ma il fattore “sensibilità” salta all’occhio, anche nei giochi delle messe a fuoco. C’è un tormento percepito, come se te sfruttassi ciò che vedi e filmi per raccontare te stesso, in quel preciso momento di vita, oltre a quello che ti circonda. Smentisci o confermi?
Fabio Tarantino/ Devo confermare, nonostante questo faccia di me un tormentato! Credo che sia inevitabile mettere un po’ di se stessi quando si racconta qualcosa, un po’ dei sentimenti e delle emozioni che provi non solo nel momento che stai vivendo. Quando guardi le cose a ventiquattro fotogrammi al secondo impari a cogliere dei dettagli significativi che raccontano una storia. E quei dettagli li scegli perché ti rappresentano, quindi dicono chi sei. Chi ha qualcosa da dire e un modo per dirlo, finisce per raccontare se stesso ogni volta che “apre bocca”, nel mio caso, ogni volta che premo il tasto “rec”.
A.P. / Nella serata/evento organizzata da Pensieri di cartapesta, dopo aver proiettato il video hai confessato di trovarti lì a L’Aquila per altri motivi, non per girare Lottogiugno.
A mio parere la bravura di un artista sta proprio nel capire il momento esatto per esprimersi. Magari c’è chi passa giorni chiuso in casa aspettando l’ispirazione, o chi vivendo normalmente la propria vita sa soltanto capire il momento giusto per concepire l’idea artistica. Ecco, cosa succede a Fabio Tarantino quando il suo occhio capisce che è il caso di regalare agli altri le proprie immagini?
F.T. / Io credo molto nell’ispirazione, nell’istinto e nel talento. Sono gli ingredienti che uso per cucinare i miei video. Deve essere un momento ispirato quello in cui decidi di filmare. Spesso parte tutto semplicemente dall’osservare, questo è necessario se vuoi raccontare con le immagini, e io mi ritengo un buon osservatore. Guardo molto quello che mi circonda, cercando sempre di andare oltre la superficie delle cose. Spesso “giro” senza avere veramente coscienza di quello che sto “girando”, di quello che c’è di significativo e di profondo dentro quelle immagini. Poi quando riguardo il girato lo scopro ed è una cosa emozionante, e questa emozione finisce inevitabilmente nel video. L’ispirazione naturalmente non è un interruttore che puoi accendere o spegnere quando vuoi, non sempre ti puoi permettere di aspettare che arrivi. Ci vuole anche “il mestiere”, che spesso ti tira fuori dai guai quando non sei particolarmente ispirato e magari devi portare a termine un lavoro. A L’Aquila sapevo cosa avrei trovato perché c’ero già stato. Sapevo cosa avrei potuto raccontare e come. Però non avevo preparato niente, o meglio, ero davvero lì per fare altro. Poi guardandomi attorno, è arrivata l’ispirazione che mi ha portato a girare Lotttogiugno. Credo che la forza di questo video sia proprio nella spontaneità delle immagini e delle parole dei protagonisti. Sono immagini e parole che parlano da sole in questo caso. Io ho solo aggiunto gli ingredienti di cui sopra, e lasciato cuocere a fuoco lento sulle note del piano.
Spontaneità, come quella che salta fuori al minuto 7.48.
«Le cose te le devi prende, se le vuoi te le devi prende, sennò non te le da nessuno».