Luca Gaeta e Salvatore Rancatore: Confessioni di un burattino senza fili

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foto: Paolo Reste

Dal 28 al 30 maggio 2013, al Piccolo Teatro Campo d’Arte, debutta la spettacolo Confessioni di un burattino senza fili, ispirato alle esperienze di vita di Luca Gaeta, che ne è anche il regista, e Salvatore Rancatore, presente sulla scena come attore principale. La rappresentazione è un monologo che ha come contenuto un misto di riflessioni su vari temi – diversità, libertà, amore, amicizia, cambiamento – affrontati con la sincerità e la schiettezza che solo l’ironia permette.

Confessioni di un burattino senza fili

di: Luca Gaeta e Salvatore Rancatore

musiche originali: Fefo Forconi

Dal 28 al 30 maggio 2013 – Piccolo Teatro Campo d’Arte, Roma.

 

«Prologo. Con la O aperta, così mettiamo subito le cose in chiaro». Questa una delle battute con cui Salvatore Rancatore esordisce la sua confessione al pubblico del Piccolo Teatro Campo d’Arte. La scena è esigua e l’impossibilità di creare una scenografia articolata si confà all’obiettivo che lo spettacolo vuole raggiungere. Si ironizza anche sull’informalità della rappresentazione: «Ora comincia lo spettacolo, quello vero, con la scenografia, il pianista, il cantante…» ripete Rancatore nelle pause del monologo. La divisione tra palcoscenico e platea è pressoché irrealizzabile e la quarta parete è messa in crisi fin dal principio, quando all’entrata del pubblico il protagonista rimprovera gli spettatori per non aver salutato entrando nella stanza.

L’intimità tra attore e pubblico è presto raggiunta ed è questo il primo passo che compie  Salvatore Rancatore – attore di grande presenza scenica – prima di cominciare ad affrontare i temi che il copione prevede. Temi universali a cui l’umanità intera è suscettibile, ma che grazie alla sua abilità colpiscono a fondo il pubblico sensibilizzato dal calore e dalla confidenza iniziali. L’interpretazione versatile e variegata e la naturalezza prodotta dalla contaminazione di recitazione e improvvisazione fanno commuovere, nel senso etimologico del termine, la massa degli spettatori: una tensione connette tutti i presenti e dopo pochi minuti la sala intera affida all’attore la sua emotività, tanto che una sua variazione di tono provoca quella di ognuno.

Il tema di partenza è quello della diversità, intesa per troppo tempo come ostacolo all’essere accettati in una collettività, ma che nella concezione dei creatori della confessione è la peculiare prerogativa dell’essere pensante. La diversità diventa sulla bocca del burattino senza fili sinonimo di distanza dalla massificazione, non intesa in senso politico, ma come omologazione delle menti degli individui, vittime dell’abitudine e della meccanicità cui l’uomo tende quasi naturalmente. La distanza – da una dimensione sociale, dall’oggetto d’amore, dalla libertà – crea invece di necessità il desiderio e a seguire quel bisogno di riscatto che spinge all’avventura.

Il monologo – intramezzato da brani musicali e sostenuto dal supporto acustico di Fefo Forconi, celebre chitarrista e compositore della scena musicale italiana e internazionale – è dunque un invito a «trasformare la vita in libertà», rivolto a tutti i diversi, «a quelli che hanno i sogni ad occhi aperti e la realtà ad occhi chiusi», ai burattini di legno senza fili, ai Pinocchi in un mondo di viventi in carne e ossa. Lo spettacolo di Luca Gaeta e Salvatore Rancatore è invito importante e forte nella società contemporanea a non perdere di vista il grande potere che abbiamo, quello di plasmare la nostra vita, qui e ora, trasferendo nella realtà la formula ricorrente dell’immaginario fanciullesco «facciamo che io ero…?».

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Redazione

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