Fotoreportage a cura di Marco La Ferla
Artista: Le luci della centrale elettrica
Dove: Metropolis – Arena concerti della Festa dell’Unità
Quando: 1 luglio 2014
Sul palco: Vasco Brondi: voce e chitarra acustica; Sebastiano De Gennaro: percussioni e drum machine; Ettore Bianconi: moog ed elettronica; Daniela Savoldi: violoncello; Andrea Faccioli: chitarra elettrica ed acustica
Info: Le Luci
Assistere a un concerto di Vasco Brondi è come bere un frullato di cantautorato d’autore, rock, pop, indie, alternativa e folk, dell’Italia degli ultimi quarant’anni. Un maestro che ha solo trent’anni. D’altronde è uno che, oltre a scrivere, fa spettacoli con testi di Gianni Celati, Pier Vittorio Tondelli e foto di Luigi Ghirri. Tra i primi, insieme a Bugo, a riportare il cantautorato impegnato chitarra e voce del maestro Rino Gaetano ai vertici del panorama musicale italiano. Personalità e poesia. Diretti come pugni nello stomaco.
Forte del quarto album Costellazioni, il progetto Luci della centrale elettrica inizia attaccando, con C’eravamo abbastanza amati e, senza difese, siamo dentro una costellazione musicale fatta di percussioni robuste, moog ed elettronica onnipresenti, violoncello sicuro e distorto a volte, raffinatissima chitarra elettrica, voce potente e chitarra acustica fidata. Brondi ha sempre scritto molto bene, con passione ed eleganza. Frasi o «periodi neri spettacolari» per viaggi poetici surreali per guardare «quei soli che si vedono di notte in nord Europa». Cara catastrofe costruisce monumentali e assurde metafore e Macbeth nella nebbia, in cui l’elettronica diventa di sogno, recita pura poesia. Vasco post punk è ancora incazzato. Una forza notevole che spesso è diluita in accordi dolci e ripetuti, pop ed elettronici. Perdonato qualche passaggio calante per problemi, forse, nel ritorno dei monitor su palco, il cantautore ferrarese si riprende con lo humour rinogaetanese (geniale, sarcastico e disperato) del suo Blues del Delta del Po. Dipinge quadri desolati e cosmici e canta inni tristemente arrabbiati, ad uso di almeno un paio di generazioni, sui no della quotidianità.
Melò rock indolenti che struggono e richiamano (e ricamano) versi lontani, ascoltati nelle trasmissioni televisive o negli stereo a cassetta di vecchie automobili Fiat. Le sue non sono citazioni, sono piuttosto degli omaggi. Espliciti e tra post e punk nei brani di Battiato o CCCP o, come in Ti vendi bene, di stile: straniato e piacevole cocktail a base eighties con spruzzata gucciniana. Forse è l’estate che colpisce duramente il cervello e azzarda associazioni improbabili, ma nelle brevi introduzioni ai brani ricorda Gaber e Jannacci. Piromani è la ballata che (ti) aspetti: il rock che racconta Le luci attraverso panorami di «luci elettriche, madonne anoressiche, pochi orgasmi e cigni finti». E se gli schifi contemporanei «coprono i tramonti» non dobbiamo preoccuparci, Vasco incede energico, ispirato e coinvolto e chissà se Giovanni Lindo Ferretti nel suo eremo riesce a sentire l’attualità della sua monumentale Emilia paranoica, testo riproposto in riverberi duri come metallo. Riportato il pubblico a melodie più degregoriane, Brondi presenta «l’orchestrina spaziale», tra i quali segnaliamo Andrea Faccioli, melanconico polistrumentista con il moniker Cabeki, alle corde elettriche e acustiche. Pausa.
Uno sguardo intorno: tanto pubblico, giovane e felice nell’area concerti della tradizionale Festa dell’Unità, con la competente direzione artistica del Circolo degli Artisti (che compie i 25 anni di età, auguri!), allestita decisamente meglio dello scorso anno, con un’arena più raccolta e pavimentata in legno, il palco illuminato con gusto, volumi definiti e corretti e incorniciata dalle suggestive Mura Aureliane di Porta Ardeatina. Un ambientale con grilli precede La terra, l’Emilia, la luna. Un coraggioso salto dalla radicalità degli inizi ad atmosfere più raffinate in cui, probabilmente il testo colpisce meno duramente ma nel complesso è più consapevole e maturo. Destini generali, dipinge la «natura morta»che è oggi la nostra «poverissima patria» e chiude la partit(ur)a live regalandoci una Luce più moderna, italiana che più non si può, personale e universale. Alta qualità e stile eterogeneo.
Dice il poeta: Se sommi un’ottima scrittura ad una musica altrettanto bella e aggiungi una presenza notevole, il risultato è l’eccellenza.