LUCA DE BEI: L'Uomo della Sabbia

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Luca De Bei adatta e dirige uno dei racconti più famosi ed inquietanti di E.T.A. Hoffmann, trascinando gli spettatori nel mondo dell’Inconscio. Un’ottima occasione per vedere una compagnia giovane e di talento, al Teatro della Cometa di Roma, dal 18 al 30 settembre.

L’UOMO DELLA SABBIA

Dal racconto di E.T.A. Hoffmann

Di Luca De Bei

Con Mauro Conte, Riccardo Francia, Fabio Maffei, Giselle Martino

Regia Luca De Bei

Teatro della Cometa – Roma

Dal 18 al 30 settembre 2012

Entrando nella sala gli spettatori, persi nella nebbia artificiale, cercano il loro posto, mentre una piccola fiamma brilla sul palcoscenico. Luca De Bei ci accoglie così, e sembra suggerire il viaggio nell’oscurità e nell’Inconscio che presto inizierà… ecco, un attore o forse un fantasma, spegne con un mucchio di sabbia la fiamma. Il buio invade la sala e si solleva il velo artificiale fra la Realtà e il Sogno.

Le luci calate dall’alto sullo sfondo nero e sugli attori, pallide ed isolate presenze, creano un’atmosfera opprimente, metallica, mentre il racconto prende forma. Inizialmente sono lettere, scritte da Nathaniel e recapitate, per errore, alla sua fidanzata, Clara. L’infanzia di un uomo si materializza nella corrispondenza epistolare, un ricordo antico, l’Uomo della Sabbia che viene di notte a strappare gli occhi dei bambini che non vogliono addormentarsi…

Le voci e gli attori si alternano velocemente, scene oniriche, deliri, visioni si intromettono, come ospiti indesiderati, e in questo caleidoscopio di parole, luci, immagini, improvvisamente la nostra mente si perde e si immerge nel grande oceano del Sogno.

Nathaniel conosce la sua maledizione in un uomo, Coppelius, alchimista, artigiano che costruisce gli occhi di Olimpia, la donna-automa, della quale si innamorerà perdutamente e per la quale perderà la ragione e la vita. Coppelius, diventato Coppola, e Spallanzani, il padre di Olimpia, si confondono in un unico personaggio, nel quale confluisce anche il padre di Nathaniel stesso. È così realizzata la condensazione di più figure in una sola, il persecutore interno del protagonista, che non gli darà tregua fino all’ultimo.

Il destino di Nathaniel si compie nel momento in cui il suo mondo interiore viene proiettato interamente all’esterno: lo sguardo meccanico di Olimpia diventa uno sguardo d’amore, le sue mani gelide, pulsano del sangue della passione e l’eterna immagine dell’Anima ricopre l’Automa. La mente, libera da ogni freno, non fa più distinzioni fra fantasia e realtà.

Sarà così che nonostante i richiami del Mondo, rappresentati da Clara, Nathaniel rifiuterà l’amore incarnato, l’amore per le luci e le ombre di una donna reale, per l’innamoramento romantico, infinito, inesauribile ed irreale, verso una creazione, non riconosciuta, della propria stessa mente.

De Bei è riuscito efficacemente in un’operazione non semplice, portando sul palcoscenico il racconto di Hoffmann nella sua interezza, al tempo stesso interpolando delle evocative scene oniriche. La bravura degli attori, impegnati in veri e propri tour de force fra monologhi e narrazioni di raccordo, tiene insieme una struttura molto articolata nella quale, miracolosamente, niente sembra fuori posto e tutto è necessario.

 

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