M. Slaboshpytskkiy | The Tribe

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tribe_locandinaThe Tribe, di Mryslav Slaboshpytskkiy, Ucraina 2014, 130′
 
Produzione: Ukrainian State Film Agency, Rinat Akhmetov’s Foundation “Development of Ukraine”, Garmata Film Production, The Hubert Bals Fund of the Rotterdam Festival
 
Distribuzione: Officine UbU
@ dal 28 maggio nelle sale italiane

«Questo film è parlato nel linguaggio dei segni, non conterrà né didascalia, né commento, né traduzione». Queste le prime, le ultime ed uniche parole che precedono l’inizio di The Tribe, un noir sporchissimo, cinico e violento a tal punto da fare male, e vincitore del Gran Premio della Semaine de la critique a Cannes 2015. Un film di sordomuti, recitato da sordomuti.

The Tribe non scivola mai nell’aspettato buonismo dalla tematica sociale né tantomeno relega i protagonisti nel “ghetto dei reietti”. Non aspettiamoci un seguito in chiave ucraina del francese La famiglia Belier: qui i sordomuti non sono né personaggi positivi in cerca di un riscatto, né personaggi senza alcuna speranza. Sono personaggi violenti e cinici. Un branco di ragazzini che fanno di un centro per sordomuti la loro Gomorra. Spaccio, prostituzione, violenza, queste le regole di un mondo “governato” da una vera e propria gerarchia criminale. E Sergey (Hryhoriy Fesenko), adolescente sordomuto appena arrivato all’Istituto, è il primo, per amore di Anna (Yana Novikova), prostituta del gruppo di ragazze, ad infrangere queste regole. Amore e odio sono i sentimenti principali di questo film, urlati nel solo modo conosciuto da una persona priva di udito e voce, su uno sfondo dai colori freddi e taglienti.

L’ucraino Mryslav Slaboshpytskkiy fa il suo esordio alla regia con un film che, come Darren Arnofsky afferma «cambierà radicalmente le regole del «cinema». Un cinema intelligente, pensato e denso di contenuti, privo di qualsiasi stereotipo. Un film girato senza compromessi e annulla il linguaggio delle parole, esaltando una narrazione audiovisiva pura. Un vero e proprio film muto e insieme moderno.
È come se il regista volesse mettere una sorta di barriera tra il mondo dello spettatore ed il mondo dei personaggi ed al tempo stesso volesse far immergere chi può sentire in una dimensione dove la parola non esiste.

Particolare è il contrasto della violenza delle scene – come gli efferati episodi di bullismo o il sesso – e la tecnica con la quale vengono girate, come se ci si trovasse all’interno di un musical. I corpi dei personaggi fluttuano, rimbalzano sullo schermo. Si muovono in una sorta di coreografia, dove il corpo viene assolutamente esaltato. Perfino nei momenti di rabbia e sofferenza la parola sarebbe superflua. In un mondo dove è impossibile sentire è, invece, essenziale la percezione che si ha del proprio corpo e di quello degli altri. Vi è nel film una concezione altamente superiore del valore del corpo che siamo soliti dare ed è per questo motivo che ogni scena violenta, ogni movimento o gesto crudo, risultano essere molto più dolorosi e intensi. Se da un lato c’è l’estraniamento, dall’altro lato c’è una forte empatia psicologica che si ripercuote sul corpo.

Slaboshphytskky non sperimenta semplicemente un nuovo tipo di linguaggio, dove si chiede allo spettatore un certo tipo di impegno dando anche fiducia alla sua implicita comprensione – dovuta soprattutto al fattore evocativo delle immagini. Il suo nuovo “tipo” di cinema mescola più generi con estrema armonia. Non c’è una sola stonatura in questo film assolutamente eterogeneo. Il regista ucraino passa da un racconto simil Gomorra di Garrone, attraverso lo sfondo di questa piccola mafia minorile, a un Romeo e Giulietta quasi zefirelliano, scivolando in un vero e proprio trip di immagini e movimenti di cui lo spettatore resta vittima.

The Tribe è una pellicola che lascia il segno come poche: senza dire nulla resta incancellabile nella memoria di chi lo guarda.

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Autore

Gabriella Giliberti

Pugliese di nascita, romana di adozione, sogna di trasferirsi a Parigi per l'eternità. Aspirante sceneggiatrice e scrittrice. Cinefila e bookaholic incallita. Ossessionata dalla serie tv, spera di scriverne una. Vive con la penna in mano, un libro nel cassetto ed il gatto sotto al letto. Laureata alla Sapienza in Arti e Scienze dello Spettacolo, ha poi conseguito due certificazioni di Alta Formazione in Sceneggiatura, di cui una alla Roma Film Academy (ex NUCT, Cinecittà), dove ha concluso uno stage come sceneggiatrice. Scrive come autore e critico cinematografico per Lega Nerd e collabora con Cinematographe.it. Ha collaborato come redattore di cinema e serie tv con Vertigo24.

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