Al Teatro Agorà ’80, dal 15 al 27 gennaio, Mademoiselle Papillon di Stefano Benni, a opera della giovane compagnia Velluto Rosso.
Madmoiselle Papillon Di: Stefano Benni Regia: Giovanni Carta Con: Manuela Bisanti, Giampaolo Filauro, Elena Mazza, Andrea Zanacchi Aiuto regia: Alessandro Rienzi Organizzazione: Federica LiminaDal 15 al 27 gennaio 2013, Teatro Agorà ’80 – Roma
Mademoiselle Papillon è la storia, narrata con ironia e leggerezza, della corruzione di un’anima innocente a opera di cattive compagnie. Rose vive in un giardino circondata da rose e farfalle – da qui il titolo – e la sua principale occupazione è aggiornare il proprio diario di note a carattere contemplativo. La ragazza riceve però le continue visite di tre personaggi – un ufficiale, un poeta e una dama parigina – il cui unico scopo, a quanto poi si apprenderà, consiste nell’annientarla spiritualmente, corrompendola, e materialmente, uccidendola. Di mezzo pare esserci un’eredità, ma quello che emerge con più forza è proprio la volontà di far del male per far del male, come un virus che si propaghi perché questo gli impongono i propri geni. A ben vedere, infatti, il bagaglio dei tre non è quello di meri volgari approfittatori, bensì di sofisticate persone inserite in circoli sociali più o meno segreti – obbedienze massoniche o salotti parigini o entrambe le cose – la cui distorta moralità appare subito chiara ogni volta che se ne fa cenno. L’astrattezza e il simbolismo del testo forse non permettono un’istantanea immedesimazione con la protagonista, ma la sua progressiva discesa negli inferi è molto chiara, trovando il culmine nella divertentissima e caustica scena del suo addestramento alla vita da salotto parigina.
Se la Mosca delle tre sorelle cechoviane rappresentava la vita, la Parigi di quest’opera, similmente vagheggiata e ambita, è, di fatto, un luogo di morte. Eppure, a piccoli passi, l’anima candida di Rose si fa convincere e allettare da quel luogo insano e da ciò che esso rappresenta e l’autore sembra voler dire: «Se può caderci lei…».
Un’opera non facile da mettere in scena e per questo un plauso va in particolare ai quattro interpreti – Manuela Bisanti, Giampaolo Filauro, Elena Mazza, Andrea Zanacchi – per la verve, il ritmo e i tempi che hanno dimostrato di saper mantenere, rendendo più vivido un testo che, sotto un’apparente ilarità, nasconde più di quanto appaia a prima vista.