Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
Drammaturgia e regia: Marco Isidori
Scenario e costumi: Daniela Dal Cin
Interpreti:
Marco Isidori – Edipo
Lauretta Dal Cin – Giocasta
Maria Luisa Abate – Tiresia
Paolo Oricco – Creonte
Stefano Re – Servo/Pastore
Valentina Battistone – Messaggero
Virginia Mossi – Coro Lo spettacolo, tratto dall’Edipo Re di Sofocle, è stato realizzato in coproduzione con la Fondazione del Teatro Stabile di Torino e con il sostegno di Sistema Teatro Torino. Teatro Vascello, 8 Maggio 2015, Roma
Come nella tradizione del grottesco, il drammatico e il semiserio si incrociano nella messa in scena dell’Edipo re della storica compagnia torinese Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa. Presentato al Teatro Vascello, lo spettacolo è parte del consistente repertorio risalente al 1986. Trent’anni durante i quali l’ estetica dei “Marcido” si mantiene costante, grazie alle scenografie visionarie dell’artista Daniela del Cin, con le quali gli attori interagiscono con acrobatismi di sapore russo e antico; un teatro totale, caratterizzato da una cura estrema del design dei costumi e dalla coralità del dato attoriale.
La terribile vicenda dell’uomo dai piedi gonfi si snoda in una rappresentazione che vede contrapporsi Edipo/Marco Isidori e il coro di Tebani composto da L’Isi, Maria Luisa Abate, Paolo Oricco (che ricordiamo protagonista in Loretta Strong), Stefano Re, Valentina Battistone e Virginia Mossi, alcuni dei quali diventeranno un goffo Creonte, un’acida Tiresia, un pavido messo e un ruvido pastore. Isidori cura la “traduzione” del testo sofocleo innestandovi citazioni eterogenee, causando un certo stridore nell’ascoltare frasi spurie come “pista esistenziale”, “glaciale buffonata” e “moltiplicazione fantasmatica”, di certo non provenienti dall’originale. Si conserva invece la struttura tragica, all’interno della quale l’inchiesta del “carissimo sciagurato” è condotta integralmente, sino al climax della scoperta dell’accecante verità dell’incesto e del parricidio/regicidio, avvenuta al cospetto della madre/moglie Giocasta, una sorta di Madama Butterfly impersonata da Lauretta Dal Cin con cerone posta in cima al tempio ziqqurat giallo acido ideato dalla del Cin. Il coro assume la funzione classica di testimone e di voce del popolo; come un’unica entità – che ricorda alla lontana il teatro coreografico del Living Theatre– i sei componenti eseguono una partitura gestuale sincronica che sottolinea il testo declamato e quasi urlato, supplendo alla totale assenza di una partitura sonora e musicale. Altrettanto funzionali alla drammaturgia risultano gli oggetti e l’architettura scenica, ovvero vessilli sagomati di animali infilzati (un porco, un asino, un cavallo e altri) posti ai lati del tempio e poi abbassati, un’armatura le cui maglie vengono “suonate” dagli attori, troni-piedistallo e, nel finale, inquietanti sagome di carta che “impersonano” le figlie di Edipo, il quale ormai cieco gli dirà addio poichè “colui che vi ha dato la vita si è giocato la sua”. Nell’interpretare quest’ultimo, Isidori si districa tra ammutolimento e sproloquio, presentandosi come anti-eroe in jeans e giacca multicolor, “malacarne”, derelitto sin dal principio, eppure solenne nel condurre la sua tragica ricerca.
Il ritmo troppo condensato imbriglia in una rete gli ottimi attori e lo spettatore; fermo agli anni Ottanta l’impianto visivo, che si presenta come un pezzo di storia del teatro – mausoleo cristallizato e “crisalizzato” – full stop intenzionale ma non necessariamente condivisibile, unico limite di una regia artigianalmente accurata e fedele al testo di partenza.