Per la collana Volti della Mimesis viene pubblicato Giustizia poetica della filosofa statunitense Martha Nussbaum. Il saggio riflette sull’idea che la giustizia vada osservata da una nuova prospettiva, quella dell’empatia. Per muoversi in una società autentica, che si basi sulla giustizia, occorrere esplorare il rapporto emozionale che lega l’individuo agli altri.
Titolo: Giustizia poetica
Titolo originale: Poetic Justice
Autore: Martha C. Nussbaum
Editore: Mimesis
Anno I ed.: 2012
Che cos’è la giustizia? Si tratta di semplice tutela dell’eguaglianza? No: al suo interno vanno tutelate anche le differenze. Non solo, l’unicità.
Per tutelare la pluralità di individui all’interno di una società, occorre maturare empatia. L’idea è che l’arte e la letteratura possano migliorare i rapporti in una società disumanizzata e basata sull’utilitarismo. Quest’ultimo sembra voler garantire la pari soddisfazione dei bisogni, ma giunge così a una massimizzazione della felicità, diventando espressione di un’unica volontà ed escludendo dalla realizzazione individuale ad esempio i fini altruistici; per questo lo stesso utilitarismo è un sistema fallace, che influenza negativamente l’interesse alla giustizia e la partecipazione collettiva alla vita pubblica.
Prendendo in considerazione la teoria di Rawls e forme estreme di utilitarismo, Martha Nussbaum, filosofa statunitense e Professor di Diritto ed Etica presso l’Università di Chicago, mette in evidenza come l’applicazione di un rigido conformismo dei bisogni tenda a sopprimere sempre più il settore umanistico.
La filosofa al contrario ha scritto numerose opere in favore delle arti e della cultura, specificando la loro funzione essenziale nel formare coscienze empatiche, che estendano il campo del diritto fino a formare nell’individuo il valore della coscienza.
Come fare allora a sviluppare questi valori nel singolo? Attraverso la lettura di romanzi. Essi sono il primo veicolo d’empatia. Leggere i romanzi realistici di Dickens, ad esempio, ci porta a considerare le difficili condizioni della classe operaia. Il romanzo ci fa entrare nell’universo dell’altro.
Questa formazione di coscienze è essenziale per far sì che l’individuo aderisca in maniera effettiva al suo essere sociale. Un bravo giudice, non dovrebbe infatti semplicemente applicare regole, ma comprenderle, sviluppando la capacità di «riconoscere corrispondenze», proprio come il poeta che si fa giudice della singolarità.
Alla base della sociologia e del diritto occorrerebbe quindi ripensare l’estetica, intesa come approccio concreto alla scrittura e all’esplorazione delle emozioni, e collegare l’agire sociale al linguaggio della motivazione per dare una base di esperienza ai nostri giudizi.
L’idea è che un uomo di sapere debba necessariamente essere dotato di umanità, una caratteristica che passa attraverso la comprensione delle vicissitudini della vita, dell’altro e del suo mondo. Solo cosi infatti il sapere non sarà sterile adeguazione alla norma, ma riuscirà a progredire, recando al suo interno l’esperienza.